Che crolli l’Occidente: muoiano i suoi figli agonizzanti
Limonov, come Alain de Benoist scrive nell’introduzione di Grande ospizio occidentale (Ed. Bietti), è l’improbabile somma di Arthur Rimbaud e Jean Genet con un pizzico di Pasolini e un po’ di Cèline.
Un poeta, un vagabondo, un maggiordomo, un soldato filo-serbo in Bosnia, un amante delle donne e delle risse, un agitato, per tanti una spina nel fianco del sistema per altri un grandissimo rompipalle con una visione geniale di tutta la scacchiera della società del suo tempo e di quello futuro.
Non è cosa facile inquadrare politicamente Limonov, ha praticamente trovato una buona parola per tutti, contro il “gendarme” a stelle e strisce prima e contro Gorbaciov dopo il crollo del sistema sovietico ed è proprio in questo contesto che nel 1993 mette al mondo, per la prima volta nelle terre di Francia, Grande ospizio occidentale.
Grandi sistemi occidentali, secondo Limonov, hanno creato con il passare degli anni false illusioni attraverso un benessere di plastica, un grande ospizio gestito dalle autorità pubbliche dove i pazienti sono cittadini felici di vivere a testa bassa, bombardati quotidianamente da modelli sui cartelloni pubblicitari, dall’appiattimento mentale della TV, contenti di una instancabile violenza morbida e di una censura velata, dal retrogusto dolce ma pur sempre censura.
Applicandosi qualche minuto in più e collegando i fili culturali il russo Solženicyn (Nobel per la letteratura nel 1970) disse una frase attualissima “Vengo da un Paese in cui non si poteva dire nulla, e scopro un mondo in cui si può dire tutto senza che ciò serva a nulla”; Aleksandr mi duole aggiornarti sulla situazione del 2023 nel versante occidentale: la musica è sempre la stessa, cambiano gli strumenti ma la sinfonia suona sempre stonata nonostante l’abuso dell’autotune.
Viviamo uno stato di violenza morbida e continua; il 5% della popolazione mondiale, quella definita da Limonov “agitata”, quella che mentre il restante 95 si affaccia a vedere e giudicare la vita altrui, il mondo prova a cambiarlo davvero e non gode nemmeno più della violenza vera e propria, niente manganellate o torture, l’Ospizio opta per altri metodi: disoccupazione, crisi, benessere materiale, la vergogna di non essere mai all’altezza…la vergogna di essere poveri.
Il genietto nella sala dei bottoni dell’Ospizio sa bene quali tasti premere, rievocare drammi come quello avvenuto ad Aushwitz o riempire la TV di bambini africani con problemi legati alla carenza di cibo è un’ottima soluzione per addomesticare il cervello del paziente medio, per educarlo nel modo giusto…sei nella migliore società esistente, sorridi ingrato che non sei altro!
Trovare soluzione era cosa difficile ai tempi di Limonov figuriamoci ora, post Covid, tra paura, sottomissione e la maledetta noia di vivere, avere una soluzione più di duecento anni fa voleva dire combattere contro il male assoluto, contro l’Assolutismo oggi vorrebbe dire combattere contro il Popolo stesso…quel popolo che di sovrano non ha più davvero nulla.
Attori, fashion blogger, calciatori modelli, parrucchieri, stilisti, tutti padri di mode utili all’Ospizio, mode e apparenze nate dove il rischio di agitazione culturale è minimo, a tratti nullo ma d’altronde come lo stesso autore afferma il “look è la miserabile rivincita dell’uomo contemporaneo sulla storia”.
Agitati veri la storia ne ha forniti all’umanità, negli ultimi tempi fiori nei paesi lontani dall’Ospizio, basti pensare all’ex presidente dello Zambia, Kenneth Kaunda capace di alzare voce e testa all’Europa rifiutandosi di far diventare la sua nazione un enorme discarica con un sano “Meglio poveri, ma vivi!”
Rimanendo nei paesi poco vicini a quello che dalle nostre parti chiamiamo progresso, un esempio di ribellione all’Ospizio è quello dello stato canaglia per eccellenza, l’Iran capace di instaurare la repubblica islamica, regime non congeniale a nessun tipo d’Ospizio occidentale o orientale che sia.
Oggi trovare agitati, o eroi è cosa ardua; nei tempi andati, il mito del superuomo veniva incarnato da un essere capace di oltrepassare i propri simili per forza fisica, intelligenza o coraggio quindi figlio di uno stato di disuguaglianza voluto per natura, cresciuto in società capaci di stimolare e premiare il disequilibrio umano e non appiattirlo con stereotipi.
Ma ad oggi, per l’Ospizio, chi è il vero eroe?
Astemio dall’aggressività, amante assoluto del triangolo formazione-lavoro-pensione e poiché le uniche qualità premiate dal sistema vigente sono quelle legate alla becera produzione l’eroe è uno stakanovista in continua ricerca di consenso dall’alto…nasci, produci, consuma, muori.
Eludere la morte è l’altro grande progetto dell’homo hospitius; relegata in cimiteri o crematori sempre più remoti, nascosta dietro i volti delle star ai funerali di qualche celebrità oppure schernita in TV dai finti cadaveri nei film per il semplice gusto di sollecitare le pupille… in tutti i casi elencati si è riusciti a svalutare anche la Vecchia Signora.
Sicuramente il libro di Limonov è stata un’opera gradita all’epoca ma, a quasi dieci anni di distanza, possiamo dire altrettanto profetica, di positivo c’era poco nel 1993 ancor meno nel 2023.
Tra i testi più irrequieti del Novecento, Le Grand Hospice Occidental è qualcosa di cui l’Ospizio non aveva bisogno ma opera di riflessione per le menti agitate, al 95% non si può che augurare buon riposo.