15 marzo, chi rappresenterà l’onda verde italiana? Candidati e sfide

Nel giorno del Gobal climate strike centinaia di migliaia di studenti in quasi 100 Paesi scendono in piazza per chiedere politiche più efficaci che contrastino il cambiamento climatico. Anche l’Italia da Nord a Sud sceglie la protesta pacifica per dire che è il momento di agire. “La finestra di opportunità per l’azione è quasi chiusa” – avvertono dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale – “l’ultima volta che la Terra ha sperimentato una concentrazione così elevata di CO2 era 3-5 milioni di anni fa”.
Se l’onda verde dunque c’è e si sta manifestando più vivace che mai, è necessario che la piazza trovi la giusta rappresentanza anche a palazzo. A livello internazionale ci sono le Nazioni Unite con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, una virtuosa lista di buoni propositi che starà ai 193 Stati membri trasformare in realtà concrete.
Guardando all’Italia, c’è da chiedersi chi si rimboccherà le maniche per soddisfare la domanda green degli italiani. Il nuovo Segretario del PD Nicola Zingaretti si è proposto come candidato portando avanti una campagna elettorale a suon di “lavoro, scuola e ambiente”; la sua stessa vittoria alle primarie è stata dedicata a Greta Thunberg, la giovane attivista svedese ispiratrice del Global Climate Strike. Nel sito personale di Zingaretti si può leggere una lunga lista di impegni allo scopo di favorire l’economia circolare, la mobilità su due ruote, l’efficientamento energetico per scuole ed edifici pubblici, il rilancio del sistema dei Parchi e Riserve e anche un intervento per la Valle del Sacco. Riguardo a quest’ultimo, risale proprio a pochi giorni fa la firma del governatore del Lazio e del ministro dell’Ambiente Costa di un accordo da 53 milioni di euro per la bonifica dell’area tra le province di Frosinone e Roma considerata il terzo sito più inquinato d’Italia. A rafforzare ulteriormente l’immagine di Zingaretti come politico ambientalista, oltre agli ambiziosi impegni presi e sostenuti in campagna elettorale, c’è il vuoto lasciato dal M5s ultimamente troppo impegnato a parlare di Tav o di reddito di cittadinanza per occuparsi di futuro sostenibile.
L’altra forza politica che per definizione nasce con il principale obiettivo di tutelare l’ambiente sono i Verdi che in Italia non riescono a mettere radici al contrario di quanto accade per i colleghi tedeschi, vedi in Baviera, in Belgio o in Lussemburgo. Alle ultime elezioni politiche i Verdi italiani non sono riusciti ad eleggere neanche un parlamentare. La Federazione però non si perde d’animo ed ora guarda alle elezioni europee che non la vedrà tuttavia correre assieme al PD.“Il fatto che Zingaretti abbia deciso che il Pd andrà da solo alle europee non ci riguarda, gli facciamo i nostri auguri” – fanno sapere i coportavoce dei Verdi Elena Grandi e Matteo Badiali – “Noi abbiamo da mesi iniziato un progetto europeo, verde e civico insieme a Italia in Comune sui temi dei cambiamenti climatici e sulla green economy che da sola riuscirà a produrre milioni di nuovi posti di lavoro, facendoci uscire dalla recessione incipiente”.
In attesa di conoscere il nuovo volto di Bruxelles, chiunque in Europa e nel nostro paese si dimostrerà più idoneo a portare avanti politiche ambientaliste, dovrà assumersi la responsabilità di prendere decisioni potenzialmente impopolari comprendendo, ad esempio, che è ora di incoraggiare un cambiamento che passa dalla tavola. Secondo dati forniti da Greenpeace, l’attuale sistema alimentare è responsabile di almeno un quarto di tutte le emissioni di gas serra. Il 14% di questo quarto è da attribuire all’allevamento intensivo che in aggiunta inquina le acque e il suolo. Nel 2021 l’Unione europea applicherà la nuova Politica Agricola Comune (PAC) che regolamenta l’assegnazione di sussidi e incentivi agli agricoltori e allevatori europei tra i quali rientrano anche quelli che praticano l’allevamento intensivo. Chi sarà pronto ad ascoltare le chiare istanze di migliaia di attivisti e dire basta a questo settore il cui impatto erroneamente viene ancora percepito come secondario rispetto a quello dei trasporti? Abbiamo bisogno che in Italia – paese dove si allevano circa 12 milioni di suini all’anno (Essere Animali) – qualcuno si assuma la responsabilità politica di dire che è ora di mangiare meno carne e di mangiarla meglio. Dietro questo meglio ci sono i piccoli allevatori, il mondo del km 0, un circuito alternativo alla grande distribuzione dove tradizione, biodiversità e cura dell’ambiente si incontrano.
L’altro fronte sul quale ci sarà molto lavoro da fare lo indica chiaramente l’Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – in una sua recente analisi. Il riscaldamento è responsabile del 38% delle emissione di particolato PM 2,5, seguito dal già citato allevamento intensivo prima dell’industria e dei veicoli. La tendenza degli ultimi anni indica una crescita dal 15% del 2000 al 38% del 2016, stessa cosa per il settore allevamenti passato dal 10,2% al 15,1% in sedici anni. Va bene dunque mobilità sostenibile, punto non negoziabile, ma non basterà cari politici.