VENEZIA 2017 | Da Virzì a Riso, i temi scottanti che i registi non vogliono toccare

Lido di Venezia – Il cinema racconta storie e le storie raccontano la vita, le vite, con tutti i dolori e le difficoltà che spesso l’accompagnano, non stupisce quindi che in un film anche temi come l’eutanasia, l’utero in affitto e le adozioni omosessuali finiscano per diventare arte degna di una mostra internazionale come la Biennale di Venezia. In particolare in questa edizione del concorso ufficiale sono due i registi, due italiani, che hanno avuto il coraggio, ma anche un po’ la furbizia, di coniugare in arte temi umanamente e socialmente molto attuali e molto sentiti. Sono Paolo Virzì, veterano del cinema italiano e ormai anche internazionale, che ha diretto Helen Mirren e Donald Sutherland in The Leisure Seeker, e il giovanissimo Sebastiano Riso regista di Una famiglia in cui Micaela Ramazzotti e Patrick Bruel sono i protagonisti.
Entrambi i registi hanno affermato in conferenza stampa di non aver voluto girare il proprio film con l’intento di trattare questi temi. Anzi con The Leisure Seeker Paolo Virzì confeziona un racconto dolcissimo sull’ultimo viaggio di un’anziana splendida coppia di coniugi gravemente malati ma dice non aver avuto alcun intento ideologico rispetto al tema dell’eutanasia. Tuttavia il regista e cosceneggiatore si assicura che la storia rispetti i criteri del testamento biologico. Una piccola astuzia che sostiene un pensiero molto più preciso di quanto il direttore abbia detto.
Anche Sebastiano Riso arriva a Venezia 74 con un film che narra la storia di una coppia tormentata e invischiata in un rapporto morboso e logorante soprattutto per lei. In Una famiglia Maria (Micaela Ramazzotti) e Vincent (Patrck Bruel) vivono una grande intesa sessuale e hanno trovato una fonte di reddito dai risvolti terribilmente devastanti: concepiscono bambini da vendere a coppie in cerca di figli da adottare. Nonostante quindi tutto ruoti intorno al tema dell’utero in affitto, Riso ci tiene a sottolineare che il suo film è fondato soprattutto sul discorso del rapporto di coppia e su quanto sia difficile oggi in Italia essere genitore e crescere un figlio.
Eppure il film riesce a prendere davvero avvio solo quando il racconto si sposta dall’angosciante e a tratti noiosa descrizione del violento rapporto che lega Maria e Vincent alle più difficili e impegnative dinamiche che scaturiscono dal tema delle adozioni illegali. Infatti solo quando una coppia di omosessuali invade e spezza il claustrofobico microcosmo in cui Vincent tiene Maria quasi come una schiava, il film comincia a prendere una direzione più decisa e diventa estremamente più coinvolgente.
I pregi di Una famiglia, le interessanti inquadrature, la fotografia che rispecchia in modo perfetto il penoso stato d’animo della protagonista, madre privata delle proprie creature e di ogni speranza di amare un figlio, si perdono purtroppo dietro questo tentativo di spostare l’attenzione da temi controversi e attuali alla più consueta storia di un dramma di coppia. Tuttavia quando nella seconda parte del film entrano in scena nuove interessanti figure, come la coppia di omosessuali che desiderano adottare il bambino di Vincent e Maria, avvalendosi del contributo di interpreti quali Ennio Fantastichini oltre a Pippo Delbono, Matilda De Angelis e Fortunato Cerlino, il racconto si trasforma, diventa più dinamico e certamente più stimolante.