Castellitto: “Il vero effetto speciale del mio cinema è la scrittura”

A Ventotene Sergio Castellitto riceve il Premio Vento d’Europa – Wind of Europe International Award per aver saputo esprime nel suo cinema i valori di fratellanza e fusione di culture alla base dell’Europa. Quest’arte, per il regista di Fortunata, è frutto di un incantevole connubio, professionale e personale, con sua moglie Margaret Mazzantini, presente – anche quando non nominata – in ogni suo discorso attraverso l’uso di un imprescindibile “noi”.
In un’isola selvaggia che nasconde un sorprendente patrimonio di bellezza naturale e di storia della cultura europea Sergio Castellitto ci ha raccontato dei suoi personaggi, delle sue storie, dei veri premi che contano e dell’effetto speciale unico del suo cinema che forse risiede proprio nel lavoro portato avanti insieme con la moglie sceneggiatrice.
La tendenza del cinema contemporaneo è quella di andare sempre più verso un realismo che sfiora quasi il documentarismo, mentre quelle dei suoi film, dai primi fino a quest’ultimo, Fortunata, sono storie che nascono da una struttura narrativa e da una sceneggiatura molto ben definita. Perché questa scelta?
La realtà è cosa ben diversa dal realismo. Costruire un film come Fortunata significa raccontare qualcosa che deve essere immediatamente riconoscibile nella vita. Tor Pignattara, quella ragazza, il suo amico sfigato, quel marito violento sono tutti elementi molto reali, ma a noi interessava raccontarlo offrendo a questi personaggi la dignità di una letteratura. A noi piace raccontare innanzitutto le storie e ci piace sporcarci le mani con le emozioni, i sentimenti, la gioia, la rabbia, il dolore, consentendo allo spettatore di vedere la vita rappresentata un metro più su rispetto a quella che normalmente viene percepita nella realtà. Fortunata è una donna ingannata tradita una madre inadeguata imperfetta, ma è un personaggio molto riconoscibile che arriva allo spettatore. La conferma e la soddisfazione più grande lavoro che abbiamo fatto l’ho avuta quando una volta uno spettatore mi ha detto di aver sentito l’odore del film. Questa è una cosa che per me vale più di un premio.
Nella sua lunga carriera come attore e come regista lei interpretato e raccontato sia personaggi e storie reali che di finzione. Quale dei due generi preferisce?
In tutti e due i casi il meccanismo è simile e contrario. Recitare è sempre un avvicinamento, un incontro a metà strada tra un attore e un fantasma. Quando però si lavora su storie reali, come quella del film su Angelo Vassallo (Il sindaco pescatore) o della prossima mini serie per la Rai in cui interpreto Rocco Chinnici, bisogna cercare di conferire al personaggio una letteratura, una “finzione”, una rappresentazione. Quando si lavora invece su personaggi creati dalla penna di uno sceneggiatore o di uno scrittore si deve renderli veri, autentici, è necessario costruire per loro una biografia. Chiaramente per i personaggi reali hai molto materiale a disposizione, un ricco patrimonio di informazioni a cui attingere, ma questo carica anche di una certa responsabilità.
Ventotene, oltre che un’isola che suscita forti suggestioni, è anche, per via della sua storia, uno dei luoghi in cui è simbolicamente nato il concetto di Europa Unita. In occasione del Ventotene Film Festival le è stato conferito il Premio Vento d’Europa, fondato sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo, un riconoscimento che va ad artisti particolarmente rappresentativi della cultura continentale. Quale influenza ha secondo lei il cinema nella formazione culturale di un popolo?
Il cinema è un’arte e come ogni arte dovrebbe offrire gli strumenti che consentano ad un popolo di comprendere meglio la propria esistenza, di costruire e riconoscere la propria psiche, e dovrebbe essere uno degli strumenti centrali per formare la cultura. Al contrario di quanto fanno per esempio alcuni politici che spesso sembrano molto bravi nel distruggerla. Qui a Ventotene c’è un carcere significativo che ha ospitato personaggi come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann, personalità che hanno costruito la prima idea di Europa. Dostoevskij diceva che il grado di civiltà di un popolo si comprende visitando le carceri, quello di Ventotene è stato un luogo di costruzione del futuro.
Parlando di storie e di cinema tra passato e prospettive future non si può non pensare al crescente impiego delle nuove tecnologie nell’industria cinematografica. Ha mai pensato di realizzare film che richiedessero un uso più massiccio di effetti speciali?
Io faccio un cinema sostanzialmente umano, metto in scena essere umani con le loro aspirazioni e i loro conflitti e soprattutto mi piace raccontare storie. Tuttavia, proprio perché non cerco il solo realismo, tendo a immaginare sempre altri modi narrativi come possono essere il sogno o la psiche. Io sono molto a favore del progresso, mi piace ciò che è nuovo, anche perché avendo dei figli imparo da loro e dal modo affettuosamente patetico con cui mi guardano. Il vero effetto speciale del cinema che faccio io però resta sempre la scrittura.