Biennale Cinema 2016 tra religione e genitorialità

Venezia 2016 – Cinema d’autore o film per il grande pubblico: cosa dovrebbe proporre ai suoi tantissimi spettatori un Festival importante come la Biennale Cinema? La varietà di generi e di stili sembra essere la cifra distintiva del programma di questa edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Eppure in mezzo ad un’offerta tanto vasta e differenziata gli argomenti legati alla religione e al rapporto genitori-figli ricorrono con una frequenza che stupisce.
Sono 58 i titoli scelti per la selezione ufficiale della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, più 23 quelli della Giornate degli Autori. Alberto Barbera, da diciotto anni Direttore della Biennale Cinema, ha voluto proporre un cinema non strettamente riconducibile alle istanze autoriali più radicali, che non intende cedere alla volgarità imperante, ma che non rinuncia ad essere racconto del presente. Così, nell’assistere alle diverse storie fin qui proposte dalle opere presentate alla Mostra, sembra assai evidente che i temi legati alla religione e alla genitorialità sono tra i più sentiti nell’epoca attuale.
Storie d’amore che legano genitori e figli
Alla Biennale Cinema 2016 il rapporto genitori-figli è un argomento assai trattato in tutte le sfumature che sviluppano le più diverse possibilità narrative. Tanto per parlare di desiderio di maternità su tutti spicca The light between the oceans di Derek Cianfrance, Venezia 73. Un film commuovente, toccante e tragico in cui il sentimento di due madri (Alicia Vikander e Rachel Weisz) si fa struggente e drammatico e sopravvive forte anche alla solitudine e al dolore. Facendo un salto di centinaia di anni la stessa cosa accade più o meno anche in Arrival, Venezia 73, film di fantascienza di Denis Villenueve. Qui Amy Adams interpreta Louise, una linguista che si cimenta in un’ardua conversazione con degli alieni sbarcati sulla Terra e per cui l’amore verso la propria figlia rappresenta la vera spinta a compiere la scelta più importante e decisiva.
Un certo desiderio di paternità frustrato è presente in Nocturnal animals di Tom Ford, Venezia 73. Jake Gyllehall interpreta due personaggi che in modo diverso si trovano a vivere il dolore e il senso di impotenza di un uomo rispetto alla perdita di una figlia, in un caso mai conosciuta, nell’altro violentemente uccisa. Di tutt’altro genere è il sentimento d’amore paterno del protagonista de Il più grande sogno di Michele Vannucci, Orizzonti; Mirko (Mirko Frezza), figlio di un delinquente spiantato, dopo sette anni di carcere decide di rimettere ordine nella propria vita e di prendere sul serio le proprie responsabilità verso le figlie e la moglie incinta.
Frantz di Francois Ozon, Venezia 73, getta uno sguardo particolarmente tenero sull’amore dolorosamente spezzato di una coppia di genitori tedeschi che hanno perso il proprio figlio nella Grande Guerra; i due ritrovano la capacità di guardare al futuro grazie all’affetto che nutrono per la giovane e affezionata fidanzata del loro ragazzo scomparso. Frantz uscirà in Italia il prossimo 22 settembre, ma le proiezioni di Venezia lasciano sperare in un meritato successo.
In Indivisibili, Giornate degli Autori, il regista Edoardo De Angelis indaga invece gli aspetti più egoistici dell’amore dei genitori verso i propri figli. In un drammatico contesto di povertà umana, ancor prima e ancor più che materiale, un padre arriva persino a sfruttare la condizione di handicap delle proprie figlie per ottenere una qualche forma di riscatto e guadagno.
Leggera come il suo titolo è invece la storia Piuma di Roan Jhonson, Venezia 73. Qui sono i figli che diventano giovanissimi genitori alle prese con le preoccupazioni degli adulti. Una storia fresca e disinvolta, in cui anche le situazioni più difficili vengono sdrammatizzate senza essere banalizzate. Purtroppo la proiezione a Venezia non ha ricevuto il pieno consenso da parte della stampa presente, forse proprio per questo suo tentativo di affrontare un tema serio in un modo spiritoso e dolce al tempo stesso, a tratti quasi infantile.
Dal Papa al pastore folle, la religione alla Biennale Cinema
Anche il tema della religione con tutte le sue sfumature, dalle più alte e sublimi alle più deviate, si sta facendo sentire con forza all’interno delle storie narrate dai vari film della Biennale Cinema. Su tutti spicca uno degli eventi più attesi di quest’anno: i primi due episodi di The young Pope di Paolo Sorrentino, Fuori Concorso. La proiezione, come era previsto, ha suscitato grandissimo interesse, ma forse il dibattito è stato meno acceso di quanto non ci si potesse aspettare. Perché in definitiva si tratta di una storia con una struttura narrativa molto equilibrata e molto ben costruita e soprattutto perché il Papa creato da Sorrentino, pur incarnando l’essenza della scorrettezza nei rapporti umani, è un personaggio incredibilmente politicamente corretto. Questo Pio XIII è interpretato in modo magistrale, in tutte le sue composte contraddizioni, da un sorprendente Jude Law. Sorrentino è riuscito a creare un Papa che spiazza ad ogni suo gesto senza mai però scandalizzare veramente. Pio XIII è una figura ieratica e oscurantista che a sua volta oscura se stesso per osservare il mondo intorno a sé. E’ attorniato da una curia grottesca, un po’ ridanciana, ma che sa anche essere composta e serafica, fatta di irrealistici santi ingenui e machiavelliche eminenze porporate. The young Pope si annuncia insomma come una serie furba che racconta di un mondo reale ma in modo palesemente lontano dalla realtà dell’attuale papato di Francesco.
Il modo in cui invece Mel Gibson ha scelto di affrontare ancora una volta il tema della fede e della spinta religiosa è assai diverso da quello di Sorrentino. Desmond Doss (Andrew Garfield) il protagonista di Hacksaw Ridge, l’opera Fuori concorso presentata da Gibson alla Biennale Cinema, è un soldato che spinto da una solidissima fede sceglie di fare obiezione di coscienza e senza mai impugnare un’arma diventa un’eroe. Una storia vera fondata su un’esperienza spirituale che si trasforma in una realtà concreta e tangibile, narrata in modo assai convincente.
In molte altre pellicole l’esperienza religiosa è tutt’altro che piana. Sconvolge il thriller di Martin Koolhover, Brimstone, Venezia 73, un western in cui la perversione psichica si avvale delle ragioni della fede per compiere atti terribilmente atroci e inumani. Dakota Fanning è Joanna, giovane madre muta, perseguitata da un oscuro e terribile passato che si riaffaccia improvvisamente nella sua vita attraverso la figura di un minaccioso predicare (Guy Pearce). Una storia in cui i protagonisti vivono fino alle più estreme conseguenze la peggiore degenerazione dei concetti di colpa e di pena.
El Cristo ciego di Christopher Murray, Venezia 73, fa dello spunto religioso un pretesto per raccontare una storia di denuncia sociale e politica sullo stato di degrado di una parte della popolazione cilena. Attori presi dalla strada accompagnano il protagonista in una sorta di pellegrinaggio attraverso la realtà più povera del paese. In questi luoghi in cui intere comunità vivono in uno stato di completo abbandono il senso religioso, composto da una buona dose di superstizione e un certo misticismo panteista, rappresenta il solo ambito in cui coltivare la speranza. In termini di pratiche religiose qualcosa di simile accade anche in Indivisibili, in cui le due protagoniste finiscono per diventare oggetto di una falsa e distorta venerazione popolare.
Anche ne La ragazza del mondo di Marco Danieli, Giornate degli Autori, il tema della religione sta alla base di tutta la narrazione. Sara Serraiocco è Giulia, una giovane associata alla setta dei Testimoni di Geova, che si macchia della colpa di essersi innamorata di un ragazzo che vive nel mondo, reale e minaccioso. Per amore Giulia affronta le conseguenze dolorose e dilanianti della scelta di abbandonare il suo mondo chiuso e protetto, ma anche rigido e opprimente. Da fragile e giovane ragazza, Giulia riesce ad affrancarsi dalle regole opprimenti, rigorose e mortificanti in cui vive come testimone di Geova ma dovrà imparare a comprendere come vivere la propria libertà.