Il traduttore, Claudia Gerini e Mrs. Robinson

Il laureato (1967), The reader (2008), sono due titoli che a grandi linee potrebbero ricordare il soggetto de Il traduttore di Massimo Natale, ma il paragone è ardito e si rischierebbe di rimanerne delusi. Il traduttore è un film ricco di spunti, ma composto da troppe ombre che ne offuscano il senso.
Il film è stato girato a Trento per volontà del regista che desiderava un ambiente cittadino meno dispersivo per questa storia. Massimo Natale ha spiegato di aver voluto realizzare un film che parlasse di solitudine e integrazione: “In questo gioco di ombre, di amore, forse di lucida follia i protagonisti si muovono in bilico tra i loro mondi, cercano zone “neutre” di contatto e sono disposti a tutto pur di vivere, a volte solo sopravvivere, e di sperare”.
Il traduttore è il frutto di una coproduzione italo-polacca che narra la storia di Andrei Bina (Kamil Kula), uno studente rumeno, che grazie a una borsa di studio frequenta un corso di specializzazione in lingue straniere all’Università. Andrei è un bellissimo ragazzo dall’aspetto però cupo e misterioso. Nel suo percorso viene a contatto con alcune donne che in diverso modo si interessano a lui. Anna Safroncik interpreta il ruolo di un ispettore di polizia duro che si avvale dell’aiuto di Andrei per tradurre gli interrogatori e le intercettazioni dei suoi connazionali. Andrei, oltre al romeno e all’italiano, parla perfettamente diverse lingue tra cui il tedesco e collabora con la sua tutor, Marta (Silvia Delfino), nella traduzione di alcuni testi letterari e poesie. Marta mette in contatto Andrei con una sua amica antiquaria, Anna Ritter (Claudia Gerini), che vuole far tradurre il diario del marito tedesco, scomparso da poco in circostanze misteriose. Anna e Andrei, nonostante la differenza di età, intraprendono una relazione travolgente e passionale.
Andrei però è ambizioso e non si fa scrupolo di sfruttare l’interesse che ciascuna di queste donne nutre per lui in suo favore per raggiungere i suoi obiettivi: farsi una posizione in Italia e portare con sé la sua fidanzata. La sua storia quindi si intreccia con le loro ma, mentre il suo personaggio, oscuro e triste, non riesce a suscitare empatia nello spettatore, allo stesso tempo anche le vicende delle altre protagoniste coinvolte finisco col restare confuse e irrisolte. L’insieme non è armonioso e la narrazione si disperde in infiniti dettagli lasciati in sospeso.
Lo stesso personaggio di Anna Ritter, interpretata da una sempre splendida Caudia Gerini, potrebbe sviluppare una storia interessante, ma proprio nel momento in cui il quadro del suo doloroso vissuto si compone in modo più chiaro, la sua vicenda si chiude bruscamente senza che ci sia un vero sviluppo.
Il finale per certi versi potrebbe dirsi lieto, ma lascia la delusione di una storia che si conclude senza una sua evoluzione, senza che i personaggi abbiano compiuto attraverso le loro vicende un vero percorso.