Harvard fa causa all’amministrazione Trump

“Harvard non rinuncerà alla propria indipendenza né ai propri diritti costituzionali. Né Harvard né nessun’altra università privata può permettersi di essere sottomessa dal governo federale”. Con questa dichiarazione l’ateneo americano, nelle scorse settimane, ha respinto l’intimazione della Casa Bianca a cessare ogni iniziativa di pari opportunità, pena la perdita dei finanziamenti pubblici.
Harvard non si è limitata a questo: l’università ha fatto causa all’amministrazione Trump presso un tribunale federale del Massachusetts, sostenendo che le azioni del governo nei suoi confronti sono arbitrarie, illegali e violano il diritto alla libertà di parola sancito dal Primo emendamento e le disposizioni del Titolo VI del Civil Rights Act.
Primo Emendamento
Il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America fa parte della “Carta dei Diritti” (Bill of Rights), e garantisce la libertà di religione, parola, stampa, riunione pacifica e il diritto di fare petizioni al governo. In sostanza, questo emendamento protegge la libertà di espressione e di culto, impedendo al governo di interferire con queste libertà.
Titolo VI
Il Titolo VI del Civil Rights Act del 1964 è una legge federale statunitense che vieta la discriminazione basata su razza, colore o nazionalità in tutti i programmi e attività che ricevono fondi federali. Questo significa che non è consentito escludere qualcuno dalla partecipazione, negargli i benefici o sottoporlo a discriminazione in base a questi fattori in qualsiasi programma o attività che riceve finanziamenti federali, come ad esempio le università.
“Il governo sta usando la sospensione dei finanziamenti come un mezzo di pressione per assumere il controllo delle decisioni accademiche di Harvard”, ha affermato l’università in un documento giudiziario. “Harvard è impegnata attivamente a combattere l’antisemitismo e qualunque altra forma di discriminazione”, ha sottolineato l’università. “Ma invece di collaborare con l’università in questi sforzi, il governo ha annunciato un blocco generale dei finanziamenti alla ricerca medica, scientifica e tecnologica, e ad altri progetti che non hanno niente a che fare con l’antisemitismo”.
Il 14 aprile, in una lettera indirizzata agli studenti e agli insegnanti, il presidente dell’università Alan Garber aveva assicurato che Harvard “non rinuncerà alla sua indipendenza e ai suoi diritti garantiti dalla costituzione”.
La risposta della Casa Bianca
Il rifiuto di Harvard ha segnato un’inversione di rotta rispetto agli altri atenei come la Columbia, che hanno accettato le condizioni imposte fino all’eliminazione idi facoltà e la riformulazione di programmi di studi dettata dalla Casa Bianca. Per non parlare dell’espulsione d’ufficio di centinaia di studenti stranieri per reati d’opinione. Da quando Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca la sua amministrazione ha cercato di allineare i college e le università d’élite alla propria linea politica, ordinando di modificare i requisiti di assunzione e ammissione, di eliminare i programmi di diversità, equità e inclusione, e di modificare le regole per le proteste nei campus, se non vogliono vedersi tagliare i finanziamenti federali, presentando queste richieste come una lotta contro l’antisemitismo. La rappresaglia contro Harvard è stata immediata con il trattenimento di 2,2 miliardi di dollari in sovvenzioni e contratti, e minacciata la revoca dello status di esenzione fiscale da parte della Internal Revenue Service e la sospensione della possibilità di accogliere studenti stranieri.
Dopo che Harvard ha fatto causa all’amministrazione Trump, 187 rettori di tutto il Paese hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui condannano i tentativi di controllare le università. “Dobbiamo opporci alle indebite ingerenze governative nella vita di chi studia, lavora e vive nei nostri campus”, si legge nel documento. L’iniziativa è partita dall’American Association of Colleges and Universities, per denunciare “l’invasività politica” e “l’eccesso di potere” dell’amministrazione, che mette in pericolo l’autonomia dell’istruzione Usa.