Quali armi per l’Europa?

Marzo 2025, l’Europa ha necessità di armarsi. Sono passati ben tre anni, ormai, dall’inizio del più sanguinoso conflitto armato combattuto sul suolo europeo che il mondo abbia mai visto dalla fine dell’ultima guerra mondiale. E le nazioni dell’Unione che, in un modo o nell’altro, hanno supportato costantemente le forze armate di Kiev tramite l’invio di armi, munizioni e mezzi, si trovano pesantemente indebolite per quanto riguarda le proprie capacità e disponibilità in ambito militare. A complicare la situazione, poi, ci pensano le contrastanti dichiarazioni provenienti dal Nord America, dove il nuovo inquilino della Casa Bianca ha ripetutamente messo in dubbio il sostegno a Kiev e ha ribadito la necessità di rivedere l’impegno statunitense in Europa.
Il mondo, in poche parole, è cambiato in maniera definitiva, ritornando ad essere quel palcoscenico dove
grandi e medie potenze si contendono – in maniera esplicita e dichiarata – il dominio di continenti, oceani e dei cieli sovrastanti. E in un simile scenario, così imprevedibile e complesso, la necessità di ogni singolo
Paese di trovarsi preparato e in grado di affrontare qualsiasi sfida, imprevisto o minaccia, è tornata ad essere una priorità fondamentale nella vita di tutti i giorni. La storia dell’uomo e delle grandi nazioni che hanno plasmato la Storia, infatti, non ammette eccezioni e non perdona alcun errore, come già è stato dimostrato nel corso dei secoli e dei millenni.
Cosa serve all’UE
Ma nel dettaglio, quali armamenti servirebbero alle nazioni dell’UE per essere nuovamente delle potenze
militari in grado di competere con i principali attori internazionali? Per prima cosa, un grande indizio proviene dagli elenchi di mezzi e tecnologie già di pubblico dominio, ai quali verranno destinate parte delle risorse stanziate per l’ambizioso piano di riarmo. Si tratta, nel dettaglio, di componenti pesanti quali carri armati, veicoli per il trasporto delle fanterie, mezzi del genio e veicoli di uso speciale, così come velivoli di ultima generazione e ulteriori unità navali tecnologicamente avanzate e in grado di rappresentare una garanzia contro nazioni potenzialmente ostili e ben armate.
Poi, ovviamente, vi sono tutti gli armamenti e gli strumenti legati all’ambito della difesa aerea e della guerra elettronica, che ormai sta facendo la differenza sul campo e in ogni possibile scenario di conflitto. E così via, per tutta la filiera produttiva e per tutte le principali aziende europee del settore, i cui effetti benefici – anche a livello finanziario – sono già evidenti dai risultati miracolosi registrati nel corso delle ultime settimane in Borsa.
Rearm Europe
L’ambizioso compito di riarmare l’Europa, tuttavia, deve basarsi anche su dettagliate riflessioni provenienti
da un’accurata analisi delle vicende del conflitto ucraino, che ha mostrato agli occhi del mondo come la
guerra sia cambiata. Per prima cosa, la presenza delle ultime tecnologie sui campi di battaglia ha distrutto
parzialmente il concetto di guerra mobile, costringendo gli uomini e le donne al fronte ad affrontare lunghi ed estenuanti periodi di servizio – e di combattimento – lungo posizioni fisse e linee trincerate.
In tale scenario, le artiglierie di qualsiasi calibro – con particolare attenzione a quelli grossi – sono nuovamente un elemento fondamentale per vincere qualsiasi battaglia, così come essenziale è avere una produzione costante e massiccia di munizionamento per alimentare le numerose bocche da fuoco. Poi, la crescita esponenziale nell’impiego di droni aerei (in particolare nei modelli First-Person View) ha reso
gli spostamenti e la vita al fronte un vero incubo, vista l’incredibile precisione e la facilità d’impiego di tali
sistemi d’arma, che sono in breve diventati gli strumenti più letali e devastanti in mano ad una qualsiasi forza armata.
Sviluppo tecnologico
Lo stesso, ovviamente, si può dire per la i droni navali, che hanno rivoluzionato la guerra sui mari e
sull’acque dolci, permettendo all’Ucraina di tener testa alle capacità operative della ben più grossa Flotta del Mar Nero della Federazione Russa. E’ facilmente intuibile, quindi, che il futuro della Difesa passi proprio dallo sviluppo e dalla produzione di nuovi modelli di armamenti a guida remota, magari anche tramite lo sviluppo di sistemi terrestri (praticamente dei VBIED), sempre più precisi, economici e di facile impiego.
Al fine di completare il processo di potenziamento della sicurezza europea, però, non è sufficiente focalizzarsi esclusivamente sulla produzione e l’acquisto di nuovi armamenti, ma è necessario convertire le menti e le società – per quanto possibile – in strutture potenzialmente in grado di gestire emergenze e situazioni di tensione. Sebbene sia un compito difficile, o addirittura impossibile agli occhi di molti, non vi sono alternative a riguardo, perché in caso di necessità, va sempre ricordato, sono gli uomini e le donne a fare la differenza.
Un modello simile, per essere precisi, esiste già in paesi come Finlandia e Israele, dove il tema della Difesa e la presenza di una società civile facilmente convertibile in asset strategico è già realtà da numerosi decenni. Difficile crederci, vero? Eppure, non sembra esistano alternative di successo quando la realtà si presenta nella maniera peggiore che si possa immaginare.