Violentissima dolcezza, la lode al silenzio
La recensione più giusta per Violentissima dolcezza I detti dei Padri del Deserto, edito da Magog, dovrebbe essere un infinito volume di fogli bianchi.
Nel IV secolo d.C. i primi monaci cristiani decisero di abbandonare la società per ritirarsi nel deserto egiziano dedicandosi alla totale immersione nella preghiera, nella contemplazione e nel digiuno.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: nel 2024 a chi e a cosa può servire un’opera del genere?
In una società dove devi dire per dimostrare, apparire per essere, puntare al numero uno per non essere il numero due dimenticandoci completamente che è lo zero a dare valore a tutta la catena numerica, questi detti cosa ci devono lasciare con la loro riflessione sul silenzio?
Viviamo in un momento storico carico di rumore mediatico, tutti comunicano e per maledetta magia ci troviamo anche noi in un deserto: quello spirituale e cultuale.
Un carico di parole inutili, riempitivo di emozioni di plastica, la mente si trasforma in una discarica dell’anima e la parola, specie “l’ultima”, misuratrice diviene madre tanto assoluta quanto falsa di sapienza.
Il silenzio dalla società dei Padri del Deserto è la condizione primaria per ascoltarci interiormente, Dio passa attraverso il silenzio, non ha bisogno di tante parole figuriamoci di quelle vane, futili e banali.
La vera crescita spirituale va cercata attraverso la saggia scelta del logos e di conseguenza nella sua gestione.
Padre Poemen afferma:
“Chi parla per Dio fa bene; chi tace per Dio fa ancora meglio.”
Tacere non è sempre assenza di parole, per fortuna o sfortuna le usiamo tutti e quotidianamente; tacere in alcuni casi è una vera e propria purificazione dell’anima.
La vera lotta tra essere e apparire, tra i fatti e le parole non dimenticandoci che i gesti sono fatti anche di silenzi: la leggerezza di una piuma sul piatto di una bilancia può essere decisivo se dall’altra parte troviamo il vuoto.
Magog non ha pubblicato un libro che va letto ma un’opera che va ascoltata, condivisa con noi stessi, assimilata e subito dopo taciuta, d’altronde alcuni silenzi, nonostante il rumore li fuori, spaccano i timpani.
“Se parli, abbi qualcosa da dire migliore del silenzio”
Siamo così certi di avere qualcosa di meglio da dire?