Core Keeper – Quando l’esplorazione diventa gioco?
Sono giorni ormai che vago nel misterioso sottosuolo di Core Keeper, il sandbox sviluppato da Pugstorm e edito da Fireshine Games in collaborazione con Bilibili, disponibile da qualche settimana anche su Nintendo Switch.
Giorni che passo i miei pomeriggi a cercare una risposta scavando tra le rocce e, picconando diamanti e minerali, facendo esplodere pareti e sfidando mostri di dubbia natura, fino a che qualche ora fa ho deciso di spegnere la console ibrida di Nintendo per scrivere questo articolo e tra tutte le cose che mi sono venute in mente, una domanda continuava a ripetersi: Perché ci ho giocato così tanto?
Negli anni passati a scrivere qui su 2duerighe mi sono reso conto sempre di più di quanto io sia attratto dai cosidetti sandbox, soprattutto se questi hanno meccaniche gestionali al loro interno e portano con sé uno sviluppo graduale di quella che è l’attività proposta all’interno del gioco, che sia essa una fattoria, una città o, come in questo caso, una caverna.
Ma Core Keeper è cosi diverso da Minecraft o altri titoli di questa natura? O è il solito gioco di sopravvivenza che lascia quel senso di già visto?
Core Keeper, pixel art e mistero
Ammetto le mie colpe ad inizio paragrafo. Ho iniziato a scavare nella grotta di Core Keeper principalmente per due motivi: la sua grafica e la sua funzionalità multiplayer.
Se da un lato la grafica è una questione puramente soggettiva, dall’altra il multiplayer è quel tassello in più capace di svoltare questo genere di produzioni.
Poter progredire insieme agli amici in questi giochi accelera i ritmi, stravolte i tempi di attesa e talvolta rende il gioco completamente diverso da quella che è l’esperienza in solitaria e già dal menù iniziale di creazione del personaggio viene sottolineato quanto questa funzionalità sia importante agli occhi degli sviluppatori.
Il giocatore sarà infatti chiamato a scegliere un mestiere iniziale, che contribuirà a creare un personaggio iniziale diverso a seconda della scelta. Se si decide di essere dei minatori si avranno dei bonus alla capacità di estrazione iniziale, mentre se si deciderà di essere un esploratore si avranno a disposizione torce e oggetti vari.
Una volta scelto il ruolo si avvierà un piccolissimo spezzone di video, nel quale l’avventuriero troverà il manufatto simbolo del gioco e, dopo averlo toccato, si ritroverà all’interno di un’enorme caverna.
A differenza di molte altre produzioni del genere, questa sarà l’unica informazione in possesso del giocatore, il quale dovrà iniziare ad esplorare senza una meta precisa e a raccogliere le piccolissime informazioni rilasciate dal manufatto per tentare di capire come progredire nella storia e come tornare alla vita di tutti i giorni.
Un mistero forse fin troppo fitto e denso, che lascia quel senso di smarrimento ma invoglia a tentare di scoprire cosa si nasconde oltre le pareti che circondano l’hub centrale del gioco, spingendo sempre più lontano il giocatore che migliorerà le abilità del suo personaggio semplicemente giocando. Combattendo corpo a corpo si guadagnano punti per la lotta, che aiuteranno a sbloccare nuovi talenti passivi che ne migliorano l’utilizzo, così come continuare a picconare le pareti aiuterà a migliorare l’abilità di estrazione.
Oltre al senso di smarrimento cosa c’e?
Passando le ore a scavare nei meandri della apparentemente infinita grotta che compone il misterioso mondo di Core Keeper, oltre che miliorare le varie abilità di gioco e scoprire sempre più segreti e oggetti utilizi si instaurerà nel giocatore la fatidica domanda “starò andando nella direzione giusta?”.
Ed è forse questa la grande differenza tra Core Keeper e la maggior parte delle produzioni sandbox survival degli ultimi periodi. Una sorta di lama a doppio taglio che potrebbe essere intesa come un grande pregio ma anche come un enorme difetto.
Il gioco non lascia al giocatore alcune spiegazione e quando lo fa non è mai in modo chiaro e trasparente.
Ad inizio gioco verrà chiesto al giocatore di ridare energia all’artefatto di partenza e quest’ultimo potrà dedurre in modo abbastanza semplice che per fare questa operazione sono richiesti tre oggetti appartenenti ad altrettante creature. Tuttavia anche quando si riuscirà a rispondere al “dove”, sarà il “come” a mettere in difficoltà l’esploratore, soprattutto con uno dei tre.
E per quanto questo alone di mistero sia un punto fortemente positivo sotto certi aspetti, talvolta potrebbe anche rilevarsi un grosso monito per allontanare alcuni giocatori casual magari incuriositi dal titolo.
Per quanto io stia apprezzando tuttora Core Keeper, mi sento comunque di consigliarlo con qualche piccolo monito. Se come giocatori siete alla ricerca di un titolo totalmente incentrato sulla sopravvivenza e sull’espolorazione e siete pronti anche a “perdervi” nelle sue grotte, sicuramente trovere in Core Keeper quel mix di mistero e musiche orecchiabili che vi accompagnerà per moltissime ore.
Discorso diverso se invece questo senso di smarrimento è uno dei motivi che di solito vi fa allontanare da alcune produzioni. Core Keeper non è un gioco che spiega i misteri delle sue grotte a tutti, ma lascia molto all’interpretazione e al piacere della scoperta il suo narrare le storie.