La signorina nessuno di Giorgia Soleri

La poesia è un genere complesso e difficile da leggere, ma la delicatezza con cui le parole cadono sulla carta spesso consente anche al lettore più acerbo di approcciarsi a quest’ultima.
Giorgia Soleri firma il suo primo libro, una raccolta di poesie crude e forti, che vanno a costruire “La signorina nessuno”, pronta per essere conosciuta dai lettori.
La signorina nessuno
Il nostro corpo è una macchina sconvolgente: capace di evolvere, di modificarsi, di dare la vita, di togliere la vita, di amarsi e di odiarsi nella stessa misura. Come dunque riuscire a celebrarlo, a renderlo uniforme sulla pagina? Giorgia Soleri tenta di farlo proponendo diverse piccole poesie, che affrontano temi molto delicati.
Il libro è organizzato in diverse sezioni, ciascuna delle quali affronta un diverso sentimento, un’emozione che il corpo deve affrontare nella sua mentalità e fisicità.
Il tentativo poteva essere utilizzato in una maniera diversa, attraverso magari un genere differente: la poesia è complessa, approcciarcisi è un lavoro complicato sia dal punto di vista di chi scrive, sia dal punto di vista di chi legge.
Un libro che non arriva, un libro che non riesce a trasmettere niente dei molteplici messaggi che l’autrice porta dentro di sé: una sofferenza intrinseca legata agli anni più acerbi, una dipendenza emotiva (a dire il vero, ben poco sana) dentro un rapporto affettivo che lei continua a sottolineare come “non definente la sua persona”, ma che salta fuori dalle sue pagine in una maniera completamente diversa.
L’esordio di una scrittrice o di uno scrittore può rivelare molti aspetti di sé, a meno che chi scrive sia già così bravo da non far trapelare quasi niente della propria personalità, del proprio carattere, dalle pagine che riempie di parole e pensieri.
Il ritratto di questa autrice così giovane e inesperta risulta essere in aperto contrasto con quanto lei stessa ha dichiarato in molte interviste.
Guarda in alto
Guarda in alto
raggiungi questa
donna bambina
che sono.
Io alle fate ci credo,
ripeto
ci credo ancora.
Non vedi come
dondolo
su questo spicchio di luna?
Tu che
soffri di vertigini
non aver paura
Icaro
nel buio
nessun Sole brucerà le tue ali.
Stanotte
ti porto sull’Isola che non c’è
ché domani ci svegliamo a Roma
e il sole che sorgerà per noi
ti farà sorridere
perché saprai
che sei sopravvissuto
ed il motivo siamo noi.
Il motivo di tutto
siamo noi.
Questa piccola poesia forse è davvero l’unica in cui la personalità di Giorgia Soleri viene fuori: una ragazza, una donna che è però ancora legata ad una dimensione quasi fantastica della sua vita, resa possibile dalla presenza di un Icaro ignoto (che poi tanto sconosciuto in realtà non è) che la tiene stretta in questa fiaba dove i protagonisti sono solo loro due, nella loro delicatezza.
Dunque non solo una bambina, in quanto lei stessa si definisce una guerriera, una combattente, una donna che ha attraversato sofferenze complesse e che tutt’ora lotta con una malattia cronica (la vulvodinia) che la costringe spesso all’immobilità a letto, ma che grazie alla sua testimonianza e al suo coraggio nel raccontare qualcosa di così ancora poco conosciuto, finalmente ha reso possibile il reale riconoscimento di questa malattia a livello sanitario.
Le sue parole contro il patriarcato, la sua lotta continua e costante e piena di passione volta a fare in modo che ciascuna donna possa scegliere liberamente quando si tratta del proprio corpo: che si tratti di depilarsi o meno, di volere o meno un figlio, di vestirsi in maniera meno femminile perché finalmente decada il binomio rosa/ femmina – azzurro/maschio, Giorgia Soleri ha una potenza che purtroppo dal suo libro viene messa in secondo piano.
Forse la narrativa poteva essere una scelta più semplice o più adatta alle sue vicende e alla sua persona: forse sarebbe riuscita in maniera più efficace a raccontare se stessa, le sue paure, le sue sofferenze passate e presenti, la sua vera personalità, i suoi desideri più luminosi e quelli più bui.