Il ponte aereo per Berlino, Oppenheimer colpisce ancora

Benvenuto Harald, complimenti per il tuo libro, inizio subito con una domanda diretta: sei già al lavoro ad una nuova avventura per Oppenheimer?
Il prossimo volume della serie è già quasi terminato. Si svolge agli inizi del 1949, nella fase finale del blocco di Berlino Ovest. Inoltre, ho anche un contratto per altri due sequel ambientati negli anni Cinquanta.
Parlando invece di te, com’è nata la tua passione per la scrittura?
Raccontare storie è una mia brutta abitudine. Non so assolutamente da dove provenga. Scrivere per me è soltanto un modo per fissare le mie idee. Il lavoro in sé in realtà lo detesto. Preferirei molto di più fare altro, anziché sedere tutto il tempo davanti a uno schermo e digitare su una tastiera. Raccontare storie è la mia vera passione.
La figura del commissario nei gialli è una colonna portante, ti sei ispirato a qualche personaggio di fantasia nel costruire la sua figura?
Una mia importante fonte d’ispirazione sono stati i thriller tedeschi che Fritz Lang ha girato negli anni Trenta. In M – Il mostro di Düsseldorf e in Il testamento del dottor Mabuse compare il commissario Lohmann dell’Anticrimine di Berlino. Mi sono chiesto quale avrebbe potuto essere il destino di Lohmann se fosse stato ebreo. Da lì è nato Oppenheimer.
Un ottimo scrittore è anche un accanito lettore, dedichi molto tempo alla lettura? Il tuo libro preferito?
Purtroppo il tempo che ho a disposizione è limitato, e dato che svolgo ricerche molto approfondite, mi dedico principalmente ai saggi storici. Tuttavia un romanzo che leggo sempre con piacere è Stella Polare di Martin Cruz Smith, il secondo romanzo con protagonista l’incorruttibile detective russo Arkady Renko.
Un consiglio che ti senti di dare a chi vorrebbe iniziare la carriera di scrittore oggi?
Chi vuol diventare scrittore, deve innanzi tutto imparare a portare a termine il proprio lavoro. Sembra strano, ma conosco molta gente che inizia a scrivere, poi però a un certo punto si stufa. Con il primo romanzo non si può andare sul sicuro, bisogna distinguersi dalla massa. Anche la corretta commercializzazione del proprio testo gioca un ruolo importante. Per cui consiglio a ogni aspirante scrittore di farsi rappresentare da un’agenzia letteraria seria
Dei sei volumi usciti ne esiste uno al quale sei particolarmente legato?
Il mio primo romanzo, Berlino 1944, per me è molto speciale, perché è stato un vero colpo di fortuna. È un libro che ha cambiato tutta la mia vita. Dalla sua pubblicazione posso definirmi uno “scrittore”, ho un pubblico di lettori in tutto il mondo. Mentre lo scrivevo, era inimmaginabile. Ma per me è stato forse ancora più importante I figli di Odino, il secondo romanzo, che mi ha confermato che potevo farcela a scrivere altre storie – e perfino in tempi stretti.
Un punto di forza ed una debolezza di Oppenheimer.
La maggior debolezza di Oppenheimer è allo stesso tempo la sua forza più grande: ha difficoltà a mantenere una distanza professionale nel suo lavoro da commissario. Ogni volta rimane scioccato dai crimini che deve affrontare. Non ce la fa a distaccarsi, i suoi casi lo inseguono anche nel tempo libero. Al contempo è proprio la sua viva partecipazione a far sì che sia un investigatore così bravo.
Ti ringraziamo per il tuo tempo e rinnoviamo i complimenti per il lavoro svolto.