Brexit, a che punto sono le trattative tra UK e Unione Europea?

La regina Elisabetta II ha dato il consenso reale e il Parlamento europeo ha ratificato l’accordo di recesso, il Withdrawal Agreement (WA). Significa dunque che Boris Johnson è riuscito a portare a termine la Brexit? E cosa cambierà per le imprese e i cittadini su entrambe le sponde della Manica?
Dopo tanti ostacoli c’è un accordo firmato e una data della Brexit scolpita nella pietra, ma il 31 gennaio non è la fine del processo Brexit: semmai, segna la fine dell’inizio. Poco o nulla cambierà almeno fino a dicembre 2020, la fine del “transition period” di 11 mesi, una fase intermedia durante la quale continueranno ad essere in vigore le quattro libertà europee (libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone) mentre il governo britannico e l’Unione europea avranno tempo di ridisegnare le proprie relazioni future.
Un accordo di divorzio ratificato significa che le disposizioni del WA avranno la forza di un trattato internazionale in settori importanti come gli accordi finanziarii e i diritti dei cittadini – quelli dei cittadini dell’UE che vivono nel Regno Unito, che devono registrarsi al EU Settlement Scheme, e quelli dei britannici nell’UE, che dovranno dovranno adeguarsi alle disposizioni del Paese ospitante per poter continuare a vivere e lavorare li anche dopo lo scadere del periodo tansitorio.
Tuttavia, avere un accordo in atto non significa che la possibilità di un “No Deal” sia stata completamente rimossa, significa solo un diverso tipo di possibile No Deal, che potrebbe emergere alla fine del periodo di transizione.
La prima priorità nei prossimi 11 mesi sarà infatti quella di negoziare un accordo commerciale tra Regno Unito e Ue ed è qui che un altro “precipizio” potrebbe presto profilarsi all’orizzonte: il “No Trade Deal”. Raggiungere un accordo commerciale non è un compito facile, ci vuole tempo quando non ce n’è, e mentre l’UE ha già suggerito che sarebbe quasi impossibile concludere il tipo di accordo commerciale che Boris Johnson desidera, – cioè lasciare l’unione doganale e il mercato unico – entro la scadenza di dicembre, il governo Tory ha escluso di prorogare ancora una volta la fine del periodo di transizione.
Da No Deal a No Trade Deal?
Gli effetti immediati di una Brexit “senza accordo commerciale” saranno, in qualche modo, più strutturati e organizzati di quanto sarebbe stato lo scenario in un recesso completamente senza accordo, poiché il WA contiene disposizioni per garantire la continuità delle procedure in corso alla fine del periodo di transizione.
Tuttavia, a meno che e fino a quando un nuovo accordo commerciale non sarà concordato e ratificato entro la fine del periodo transitorio, i futuri scambi tra il Regno Unito e l’UE saranno effettuati alle condizioni dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), il che significa che l’UE e il Regno Unito lo faranno da “paesi terzi”, nuovi dazi verrebbero applicati alle merci e, cosa ancora più importante, le barriere non tariffarie influenzerebbero gli scambi dall’UE al Regno Unito e viceversa.
Ed è per questo che, dopotutto, la Brexit non è ancora finita: l’impatto su beni e servizi avrà un effetto domino sull’economia e sulle persone che la stanno dietro mentre il tempo scorre verso la fine di quest’anno e oltre.
Gli operatori economici devono rimanere vigili sull’andamento dei negoziati, mantenendo in atto i preparativi per una “No Trade Deal Brexit“, pensando al futuro con nuove strategie di investimento e, ove necessario, rivalutando la propria struttura aziendale, accordi contrattuali, catene di approvvigionamento e forza lavoro per soddisfare le aspettative dei clienti: trasformare le sfide della Brexit in opportunità e sì, portare a termine la Brexit, a modo loro.
MANUELA TRAVAGLINI, avvocato, consulente di Belluzzo International Partners ed esperto legale di The Italian Community