Quanto ci manca la Birra alla spina? Trastevere e il Kebab sulla Tuscolana

Il coronavirus ci ha messi a dura prova ed il periodo che dovremo affrontare sarà ancora, probabilmente, molto lungo. Ma non scrivo un articolo per buttare sale su una ferita che adesso gronda sangue, sarebbe abbastanza inutile. Vorrei piuttosto invitarvi a fare con me un piccolo viaggio verso quelle cose che ci sembravano scontate e che ora sembrano tutto.
Ammetto che parlerò con un pizzico di malinconia, ma l’intento è solo quello di marcare la bellezza di alcuni gesti nella speranza di saperli apprezzare quando tutto questo sarà finito. C’è chi non potrà più farlo, o chi avrà la vita davvero in subbuglio: a loro andranno tutti i brindisi e i pensieri quando torneremo alla vita normale.
In una sorta di flusso di coscienza proverò a descrivere alcuni di quei gesti, di quei momenti, certo che apparterranno a molti di voi, seppur in luoghi d’Italia differenti
È Venerdì, È Primavera
Il primo sottotitolo si presenta come un pugno dritto nello stomaco. Una settimana lavorativa, di corse, di bollette, di traffico, di telefonate, di famiglia, si appresta a finire, e non importa se tu faccia parte di quella categoria di persone che lavora anche il Sabato, o magari la Domenica: se il Venerdì sera lo hai libero esci, ovviamente per una birra.
È 10 Aprile, Venerdì, il clima si è fatto più mite, più dolce, e forse è il caso di rischiarsela con quel giacchetto di jeans (o di pelle se vi sentite un po’ più Fonzie), per accorgervi presto che, in realtà, non era ancora il momento, perché ad una cert’ora il freddo si fa sentire. Neanche a dirlo, ripeterete lo stesso errore per tutti i Venerdì che seguiranno fino all’arrivo del clima davvero giusto.
Appuntamento con gli amici ad un orario che nessuno rispetterà, eppure ci sarà sempre quello che verrà con cinque minuti di anticipo per lamentarsi dei soliti ritardatari, finché, con le ruote fumanti e in derapata, arriva lui: l’amico che porta almeno mezz’ora di ritardo. Un caffè, una sigaretta per chi fuma con lamentela di quello che non fuma, perché vuole andare e non perdere tempo.
Ma nessuno ha deciso dove andare! Il solito locale di fiducia? Si cambia? Proviamo un posto nuovo dove andò una volta l’amico di mio cugino? Oppure quel locale che Instagram mi ha proposto nelle sponsorizzate e che sembra bello? Alla fine la scelta va dove c’è la birra più buona, magari barando con qualche app dedicata che ci svela in anticipo la taplist.
Io che ho la fortuna di vivere vicino Roma ho sempre l’imbarazzo della scelta e quindi si va dove ci porta il cuore, a volte felici della scelta fatta, a volte meno, l’importante è che finisca con un Kebab sulla Tuscolana
Roma, la birra a Trastevere, e le varie taproom
Roma è un labirinto di locali che possono tirare fuori dal nulla capolavori del panorama brassicolo. Locali a cui spesso non daresti un euro, sono in grado di darti il massimo del servizio e della qualità. È un po’ il paradosso di questa città: criticata, da molti odiata, eppure ogni volta che svolti l’angolo puoi vedere qualcosa di bizzarro, di poetico, di bello. E anche la sua provincia riesce a stare al passo con la grande città, e questo mi rende un po’ orgoglioso.

Però una delle tappe obbligatorie, soprattutto per chi viene da fuori e visita per la prima volta la città, è certamente Trastevere, non solo di giorno, ma soprattutto di notte. Un posto movimentato, popolare, con un graffito sul muro ed i fiori che scendono dai balconi per fargli da cornice.
Un posto dove la sera, quando inizia a fare tardi, forse è meglio evitarlo. Un posto magico, in cui la birra è regina indiscussa nei vari locali estremamente organizzati e carichi di ogni ben di Dio, dove devi fare la fila e scazzottare un po’ per entrare.
Trastevere è alla mano, sei subito suo amico, e sa soltanto dare senza chiedere nulla in cambio, con le scalette di piazza Trilussa e qualcuno che suona per farti compagnia, con gente stramba e gente meno stramba al tuo fianco.
In questa cornice molto particolare, che per raggiungerla probabilmente ti è costato il fermo amministrativo della macchina per un divieto di sosta, si va dritti nella taproom.
La birra alla spina, la lavagna, la scelta, il brindisi
Quattro parole chiave che racchiudono quei cinque minuti che valgono tutta la serata. Entri, fai a pugni per farti strada, arrivi alla cassa assetato di una birra alla spina e subito la fatidica domanda: prego, che prendi?
Come che prendo? Non lo so! Aspetta c’è la lavagna dietro di me! Parto con una gradazione alcolica bassa, perché so che ne prenderò sicuramente un’altra, e quindi non ho voglia di bere forte. Però ci sono quelle due Imperial Stout e vorrei provarle entrambe, come faccio? Calma, fermiamoci un secondo (mentre dietro di te c’è la fila e tu avevi il dovere di sceglierla prima la birra), facciamo così: partiamo con una bella Pils per aprire le danze, poi si vedrà.
Il risultato sarà di almeno tre birre alla spina: fortuna che c’è sempre l’amico astemio alla guida! Si, perché se trovate un astemio non emarginatelo come recita lo slogan: sarà il vostro migliore amico. Quando tutti hanno preso la birra e sani e salvi sono usciti dal locale, finalmente, il brindisi. Nessuno deve aver assaggiato la birra prima di quel momento, nessuno.

In alto i calici, gli sguardi che non si mollano un secondo, e finalmente si può bere, in quella Trastevere con l’aria mite, insieme agli amici, un liquido semplice tra le mani che, a pensarci bene, fa strano che uno faccia chilometri per berlo. Questa è la birra artigianale e non è un’esagerazione.
In casa ho una piccola scorta personale di birre artigianali, eppure non è la stessa cosa berle da solo, in bottiglia. È un’esperienza diversa, rilassante, a tratti migliore, ma completamente diversa e neanche complementare.
Il kebab sulla Tuscolana – I piccoli gesti
Alla fine tutti i viaggi, qualsiasi sia il posto in cui vi recherete a Roma, vanno a finire o in una famosa panineria, oppure a mangiare un kebab sulla Tuscolana, per stare leggeri alle tre di notte (o più tardi!). Riti che una persona rispettabile deve seguire, altrimenti se non avessimo più queste certezze in che mondo vorremmo far crescere i nostri figli?
Ma aldilà delle battute e dello scherzo, questa esperienza del Coronavirus deve, e sottolineo deve, farci capire quanto avevamo e quanto stiamo perdendo. Non si tratta di libertà, non è quella che stiamo perdendo. Sono gesti di umanità, di convivialità, di condivisione che ora non ci sono più e che ci portano a ripiegare involontariamente su noi stessi e a vedere chi amiamo dallo schermo di un telefono.
Un po’ di malinconia dovete concedermela, ma sono sicuro che vinceremo il virus presto e che non dimenticheremo mai chi non ce l’ha fatta, o chi vivrà in difficoltà. Inonderemo di nuovo le strade con il nostro calore ed avremo il dovere di aiutare il prossimo, anche nei gesti più semplici, magari offrendogli proprio una birra artigianale!
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