“Se tu lo vuoi” di Valeria Fioretta

Quando si osservano alcune scene come degli spettatori esterni, si hanno delle percezioni spesso distorte e anche profondamente soggettive.
Ad onore del vero, c’è però un’oggettiva sensazione che può investire un qualsiasi essere umano che assista, anche solo per una frazione di secondo, ad una qualsiasi scena che coinvolga un bambino o una bambina in età elementare: la delicatezza. Non che rimanga tale per troppo tempo, perché gli infanti sono capaci di passare dall’apparire minuti e vaporosi a trasformarsi in macchine distruttrici e scalmanate in una frazione di secondo; assistere ad un abbraccio tra un bambino con il suo papà o vedere nei loro occhi l’entusiasmo di quando spacchettano un regalo fatto e cercato appositamente per loro, è un qualcosa che volenti o nolenti, si perde e non si recupera più.
Ecco, tenendo ben presente questa sensazione nei propri occhi, il medesimo sentimento lo si prova nel momento in cui si legge il primo romanzo di Valeria Fioretta (aka autrice del blog gynepraio.it), dal titolo semplice e pulito, ma molto efficace: “Se tu lo vuoi”.
Una donna sulla trentina che ha la sua vita, la sua casa, le sue amiche e il suo lavoro, oltre ad una sterile storia d’amore con uno un uomo che potrebbe essere definito uno “stitico emotivo”: non tanto perché incapace di dimostrare i suoi sentimenti nei confronti della protagonista Margherita, quanto in realtà privo di qualsiasi brivido emozionale, di quegli slanci che facciano capire che sì, il sangue nelle vene gli scorre ancora e non si è congelato dentro il suo corpo.
La storia tra Margherita e lo stitico termina, e lei si ritrova con un bel pugno di mosche in mano e un’estate torinese bollente alle porte, che sta arrivando senza pietà e lei non ha assolutamente nessun piano per le vacanze: proprio lei, la maniaca delle liste, quella donna che organizza tutto tramite dei fantasmagorici punto elenco, si ritrova così senza nessun viaggio organizzato e con due settimane piene del più assoluto far niente. Qui ci mette poi lo zampino la casualità, che la porta ad imbattersi in una onlus per quelle famiglie che necessitano di un aiuto con i propri figli durante le vacanze estive, a causa del lavoro genitoriale.
Margherita fa così amicizia con Elisabetta, una delicata bambina di 9 anni, priva di una mamma, piena di intelligenza, amata dal suo papà e dalla zia: tra le due si crea così un rapporto, inizialmente cauto e poi via via sempre più spontaneo, fatto di compiti estivi, ma anche di picnic e passeggiate in centro, come di letture riscoperte, come ad esempio il libro “Speciale Violante” di Bianca Pitzorno.
Tra le due, l’una salva l’altra: tanto che riescono ad intendersi senza troppa fatica, benché si conoscano poco, a farsi delle reciproche domande talvolta più banali (ma solo all’apparenza) e in altri momenti molto più profonde e che nascondono una variopinta gamma di insegnamenti.
Come Margherita riesce ad esempio ad avvicinare una bambina molto timida e tendenzialmente solitaria ai piaceri dell’amicizia, usando come tramite proprio il libro “Speciale Violante”; o come Elisabetta riesca a fare breccia nel cuore della trentenne un po’ scalcagnata, con la sua delicatezza e quel modo innocentemente furbo che hanno un po’ tutti i bambini (chi più, chi meno).
Una storia che ha come sfondo una splendida Torino, con il suo Parco del Valentino, i portici di via Roma, la Feltrinelli di Piazza C.L.N., la Mole Antonelliana con il suo Museo del Cinema e quell’aria afosa e soffocante che durante l’estate la rende forse più difficile da apprezzare, senza però mai perdere il suo fascino; proprio come riesce a fare questo romanzo, che racconta un’amicizia, un sentimento, una famiglia, che rappresentano a loro volta una triade affascinante e dal finale sorridente.
Rebecca Cauda