Ci si aspettava certamente di più. Il titolo presentato come il vero fiore all’occhiello dell’Xbox One rappresenta nulla di più di una grande occasione persa. Un gioco dalla grafica eccezionale e dalla giocabilità talmente scontata, semplice e ripetitiva da risultare a lunghi tratti monotona e noiosa. “Ryse: son of Rome“, un’esclusiva Xbox che Crytek ha dipinto come il vero titolo di punta della console ammiraglia di casa Microsoft, non è riuscito a rispettare le aspettative.
La trama
Si tratta della storia di un giovane soldato romano, Titus Marius, il quale è chiamato a vendicare la morte dei familiari, caduti per mano di alcuni banditi barbari e, indirettamente, di un Imperatore, Nerone, corrotto e disonesto. Nella sua ascesa tra i ranghi dell’esercito romano, la sete di vendetta lo porterà a combattere sulle coste barbare della Britannia e, infine, nel cuore di Roma stessa.
La critica
“Ryse: son of Rome” può essere certamente etichettato come uno dei giochi più controversi del panorama videoludico internazionale. Se non fosse per una grafica davvero sbalorditiva, staremmo parlando di una grandissima delusione. Eppure ambientazioni di gioco molto ben curate, personaggi dai particolari così perfetti da sembrar tratti dalla vita quotidiana del giocatore e un comparto grafico complessivo tale da sbalordire anche gli esteti più esigenti rendono questo gioco comunque affascinante. Sarebbe potuto essere fantastico, non rivoluzionario ma memorabile, se non fosse per un gameplay ripetitivo e monotono. Lo stile “Assassin’s Creed” dei combattimenti questa volta non paga: troppo ridotte le sequenze di colpi da eseguire e troppo simili le modalità con cui sconfiggere i diversi nemici. Il tutto all’interno di una difficoltà di gioco (usare il termine “difficoltà” è in questo caso un ossimoro) che pare calibrata su un giocatore che prende in mano il joypad per la prima volta nella vita. E ciò a prescindere da quale livello di complessità del gioco si scelga in avvio. Ad ogni nemico sconfitto, ad ogni ambientazione superata ci si aspetta di assistere ad una netta svolta, in termini di giocabilità e di complessità. “Non può essere tutto qui” ci si chiede nell’affrontare con estrema semplicità e ripetitività di colpi anche i nemici finali, quelli a conclusione dei capitoli, che al contrario si presentano al giocatore dall’apparenza cruenta e (quasi) demoniaca. Ecco allora che si prosegue nel gioco per inerzia, più per la curiosità di vedere quale meraviglioso scenario ci si presenterà alla vista che per piacere di giocare. Il tutto, naturalmente, si riflette sulla longevità del titolo: servono circa sei ore per terminare gli otto capitolo di cui Ryse si compone. Troppo poco per un gioco che non offre comunque una modalità multiplayer online memorabile. Il profondo profilo storico, ricco di trame fitte e controverse, e la coerenza con usi e costumi romani e barbari dell’epoca in cui lo stesso è ambientato rappresentano aspetti positivi che finiscono per venire travolti inesorabilmente dal peso dei troppi, eccessivi difetti. In definitiva, una mezza delusione, una promessa non mantenuta a pieno.
Pregi e difetti
Pro: grafica eccezionale, coerenza storica, ambientazioni ben curate.
Contro: giocabilità ripetitiva, semplicità di gioco, scarsa longevità.