Basta guardare qualche pagina o gruppo sui social per rendersi conto di un fenomeno paradossale: da una parte ci sono numeri esorbitanti di videogiocatori che giocano a titoli competitivi, dall’altra una fetta di videogiocatori che non vuole saperne parlare. Non c’è nulla di strano, direte voi, perché, come per ogni cosa, de gustibus non est disputandum.
Qui però la discussione vuole portarsi ad un livello differente. Non è semplicemente una questione di gusti quella che crea il distinguo tra videogiocatori competitivi e non-competitivi, chiamiamoli così, ma di dignità. Vi sarà capitato di parlare con un amico e di sentirlo entusiasta mentre metteva a punto l’assetto della sua auto in Forza Motorsport, mentre voi, senza comprendere una parola state pensando alle quest secondarie di Xenoblade Chronicles. Affrontate la discussione pensando ad una divertente differenza di gusti e tornate ad essere amici come prima. Poi all’improvviso spunta dal nulla un tizio che dice di giocare a Fortnite o di guardare le live di Overwatch o che si è iscritto al canale di Ninja: l’innesco è immediato, lui è il nemico da affrontare e vedrete allearsi nemici di vecchia data, anche i sostenitori di Final Fantasy VII e VIII.
La domanda è molto semplice: perché? Cosa rende diversi i titoli competitivi nella loro dignità? Non stiamo parlando sempre di videogiochi? Proviamo a capirlo insieme
La trama
“Come fai a giocare ad un gioco dove non c’è uno straccio di trama? The Last Of Us mi ha fatto piangere come un bambino, che ne vuoi sapere?”
Quante volte avete sentito questa frase? è innegabile quanto i giochi competitivi siano carenti da questo punto di vista. Ma la sua assenza non è dovuta ad un errore: non è necessaria, non è l’obiettivo che si prefigge di ottenere. In un gioco competitivo ciò che conta è il gioco stesso, nudo e crudo. Non interessano le implicazioni psicologiche, l’intreccio, l’acme del racconto, ma soltanto una cosa: vincere. Questa è la base dei videogiochi competitivi, che si tratti di League Of Legend o Counter Strike. Nella società di oggi, frenetica, apparentemente meritocratica, con una deadline sempre più corta, il videogioco competitivo si inserisce alla perfezione, perché non c’è niente di più soddisfacente nel vincere uno scontro online (con tanto di insulti in russo che sicuramente avrete imparato).
Aldilà di questa digressione che fa subito Bauman, ciò che intendo dire è che non c’è più tempo, per molti, per la narrazione, per l’esplorazione, per l’analisi dei documenti, perché devo spingere l’acceleratore ed allenarmi per diventare il più forte. Questo è un punto che, per i videogiocatori classici, non necessariamente attempati, attenzione, fa storcere il naso. Molti cercano nel videogioco l’evasione, la narrazione fantastica, la capacità di potersi emozionare, accantonando per un momento Netflix e diventando i protagonisti della propria storia (ed è per questo che gli openworld hanno grande successo).
Dall’altra parte però c’è una fetta di videogiocatori che torna la sera e non ha voglia di stare a sentire nessuno, o che ama la sfida e la voglia di battere il proprio record, e che non vuole guardare un video dalla durata di venti minuti (Final Fantasy X, scelgo te!).
Ambientazione
Il level design dei giochi competitivi è, in molti casi, di alto livello, ma si riduce quasi sempre ad una mappa piuttosto limitata, o limitatissima se paragonata a qualsiasi titolo single player sul mercato, senza scomodare colossi come Assassin’s Creed Odyssey. Cavalcare nelle praterie in Red Dead Redemption 2, o volare con un drago per tutto Skyrim è qualcosa che un gioco competitivo, per sua natura, non potrà mai regalarci. Sono due cose diverse, non si tratta di difetti.
Molti di noi amano farsi una cavalcata, farsi una propria idea riguardo una vicenda, raccogliere documenti e collezionabili, spulciare in angoli nascosti e questo abbiamo iniziato a sperimentarlo con Super Mario 64 cercando di salire sul tetto del castello, non è vero? Il gioco competitivo non offre nulla da questo punto di vista, anche se il level design, quindi la possibilità di interagire con l’ambiente, è di fondamentale importanza per la riuscita di un titolo. Quante volte vi è capitato di dover vedere alcune cose cambiate nelle vostre mappe preferite? spesso accade, perché quella zona sbilancia la partita, o quel punto è troppo adatto per fare il camper (maledetti!)
Ma i competitivi non ci ricordano qualcosa?
Ma una volta nelle salagiochi non entravamo con un gettone in mano per farci una partita, senza capire un tubo di quello che le scritte in inglese ci propinavano e senza la possibilità di salvare i progressi o di intervenire con una qualche personalizzazione? Quanto ci siamo divertiti con Metal Slug, Puzzle Bobble, Street Fighter? Non si trattatava di gioco nudo e crudo? Si, a volte c’era una trama, ma parliamo, almeno per i titoli riportati qui in esempio, di una trama decisamente scarna, ma soprattutto assolutamente trascurabile. In Final Fantasy se saltiamo la trama abbiamo praticamente buttato il gioco; in Metal Slug posso anche non saper leggere.
Poi c’era una cosa che ci ha sempre fatto emozionare: la classifica dei record dei primi 10 giocatori! Quante volte abbiamo sognato di scalare quella classifica? Non vi ricorda anche questo qualcosa? L’obiettivo era quello di essere il migliore, allenandoci e osservando il titolare del record per rubare con gli occhi la sua tecnica o i suoi segreti. Si trattava di allenare le proprie skills, le proprie capacità, per diventare il più forte. Nessuno ha mai storto il naso nelle salagiochi, mentre al solo vedere l’icona di Twitch molti si trasformano in bestie furiose.
Gli influencer e gli sponsor
Forse ciò che non va a genio a molti videogiocatori è tutto quello che c’è intorno al mondo delle competitive e non il gioco stesso. Per molti risulta inconcepibile guardare su Twitch un influencer con i suoi appuntamenti, il suo linguaggio, i suoi balletti post vittoria, eppure in salagiochi non ci siamo lamentati nel guardare i migliori giocatori, anzi. Forse è la sensazione che attorno si sia creata una struttura commerciale, che toglie la spontaneità agli eventi, che lascia l’amaro in bocca a molti di noi. Viene meno, paradossalmente, il contatto genuino tra giocatori e, pur così vicini con la connessione Internet, li fa sentire distanti. Forse l’avversione a questa nuova sovrastruttura commerciale ci rende diffidenti verso videogiochi che possiedono la stessa modalità con cui sono nati i videogiochi stessi: gioco nudo e crudo, sfide, classifiche e multiplayer.
Viene prima il singleplayer o il multiplayer?
Se guardiamo ai primissimi prototipi di videogiochi viene da dire il singleplayer, ma anche in questo caso c’è sin da subito l’idea della condivisione e mai la chiusura in quattro mura domestiche. Spacewar! del 1961, considerato il primo videogioco ad essere distribuito su larga scala, nasce per scopi didattici al MIT, in una comunità di studenti. Tennis For Two del 1958 è un tentativo di intrattenere i visitatori del Brookhaven National Laboratory. Solo con Ralph Baer, che porterà nei suoi vari tentativi alla prima console propriamente detta, il Magnavox Odyssey, si parlerà di console casalinga, ma nel frattempo le salagiochi erano il posto preferito per videogiocare (anche per una questione di potenza di calcolo e di costi).
In un certo senso l’online e la struttura competitiva in particolare si possono considerare come una naturale evoluzione di quello il videogioco ha sempre rappresentato: condivisione.
I videogiochi sono inclusione e condivisione
Ogni media ha alla base questo concetto, la condivisione, anche le serie TV ed i libri: non è vero che al termine di uno di questi sentite il bisogno di parlarne con un amico? Non avete mai prestato un libro che avete amato per condividerne la bellezza? Per il videogioco è la stessa cosa, ma con una piccola marcia in più.
Il videogioco permette di giocare insieme, nello stesso momento, implica sfide, consigli, confronti e scontri, perché l’attore principale è il videogiocatore stesso. Suvvia! Non siate così duri con i giochi online e quelli competitivi e cercatene uno che possa coinvolgervi, magari con qualche amico. Non avete amici? Nessun problema, il videogioco vi permetterà di farne di nuovi!