Una drammaturgia a cura di Mike Daisey, tradotta e adattata dal triestino Enrico Luttmann per la regia del grande Giampiero Solari ed interamente interpretata dall’attore Fulvio Falzarano.
Un monologo già un successo per la critica e il pubblico americano, adesso grazie all’impegno produttivo del Teatro Rossetti di Trieste lo possiamo applaudire anche in Italia.
La storia è quella di un “geek” un appassionato di tecnologia, esperto informatico che conosce alla perfezione ogni apparecchio elettronico ed in particolare quelli del marchio Apple di cui è follemente innamorato, una mela con milioni di seguaci in tutto il mondo.
Il fedele Apple-user ci descrive la nascita dell’azienda di elettronica più famosa al mondo, creata dalle menti di Steve Jobs e Steve Wozniak, concentrandosi soprattutto sull’aspetto manageriale di Jobs, famoso per non avere peli sulla lingua con una sfacciataggine e presunzione che lo hanno portato ad essere quello che conosciamo oggi.
Computer dopo computer, la Apple ha sempre avuto uno sguardo verso il futuro propinando “cose che neanche sapevamo di volere” come dice il testo, ogni nuova tecnologia mira alla metafora della percezione del mondo delle persone, dove anche un piccolo accessorio può fare la differenza.
Affamato di conoscenza e di curiosità il fanatico esperto decide di intraprendere un viaggio verso Shenzen, in Cina, dove ha sede la centrale operativa della Foxconn, luogo dove vengono assemblati i maggiori apparecchi elettronici in circolazione compresi quelli progettati da Jobs, più di 3 km di area industriale che conta circa 430.000 dipendenti impegnati ogni giorno nella realizzazione degli oggetti che portiamo nelle nostre tasche.
Ma non tutto è così affascinante come quello che vediamo nelle vetrine, il geek ci racconta come vengano sfruttati gli operai ad un lavoro rigido, serrato con orari di lavoro disumani a tal punto che l’azienda per tutelare la salute dei lavoratori ha installato delle reti antisuicidio per porre rimedio ai già tanti casi avvenuti in precedenza.
Riesce però ad avere un contatto con gli impiegati della fabbrica che raccontano aneddoti ed episodi di una vita dedicata interamente al lavoro o meglio, ad una schiavitù.
E’ così il lavoro di Steve Jobs, un uomo che non guarda in faccia a nessuno, capace di distruggere e di creare un mondo tutto ai suoi piedi, l’altra faccia della medaglia viene messa in luce attraverso foto, diapositive che ripercorrono la storia della grande azienda della Silicon Valley, un processo di evoluzione in cui ognuno di noi, chi più chi meno, è rimasto coinvolto.
Una messa in scena che non si risparmia nei toni e nei modi di narrazione, chiari ed efficaci anche per i meno esperti del settore, uno spettacolo che fa pensare e porta alla riflessione lo spettatore grazie anche all’eccelsa preparazione dell’attore Fulvio Falzarano che mostra grandi doti comunicative lasciando il pubblico alla fine dello spettacolo sicuramente più consapevole di ciò che porta con sè ogni giorno.
Paolo Marco Rimmaudo
26 gennaio 2014