“La Grande Magia – scrive Luca De Filippo – nasce in un contesto storico affine a quello di Napoli milionaria!, Filumena Marturano e Le voci di dentro; tuttavia trovo che questa commedia, rispetto alle altre che ho messo in scena sino ad ora, abbia uno sviluppo differente e del tutto originale. Fu rappresentata solo in due occasioni, in passato, una prima volta da Eduardo stesso, poi da Giorgio Strehler, nel suo spettacolo al Piccolo, e sono per me due grandissimi precedenti. Se negli altri tre testi che ho citato – continua – Eduardo aveva riflettuto sulla società, con i limiti, le ipocrisie, i condizionamenti che imponeva all’individuo, nella Magia lascia spazio all’introspezione e all’amara disillusione sulla possibilità di assistere, in Italia, ad un reale cambiamento. La speranza di un’inversione di tendenza – prosegue – è venuta meno: all’individuo non resta che cullarsi nell’illusione che tutto vada bene, una scelta valida, utile a sopravvivere, ma perdente, nel privato, come nel pubblico. E’ un Eduardo cinico e disincantato – conclude – quello che scrive La grande magia, che ci consegna l’immagine di un’Italia immobile, prigioniera di circostanze immutabili, un paese che si lascia scivolare in un insensato autoinganno: come Calogero Di Spelta, preferisce credere che Marta, la moglie, non sia fuggita con l’amante, bensì che lo attenda chiusa nella piccola scatola di legno che l’illusionista Otto Marvuglia gli ha consegnato…”
Paolo Marsico
28 ottobre 2013