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Orfeo ed Euridice di Eco di fondo: la condanna alla vita

La Compagnia Eco di Fondo ha portato dal 17 al 21 giugno 2024 al Teatro Elfo Puccini di Milano, Orfeo ed Euridice.

Lo ha fatto con la generosità recitativa che la contraddistingue, centrifugando stili narrativi diversi, giocando con i dialetti e ribaltando il mito, che diventa metafora dell’eutanasia.

Cèsar Brie, drammaturgo e regista, ci si avvicina con delicatezza, pudore, pietas.

Su una scena buia una figura alta e allampanata, vestita di nero, comincia a interagire col pubblico. È Giacomo Ferraù, che ricorda un becchino. Ha un marcato accento siculo e fa ridere. Si presenta come un Caronte moderno, dagli occhi di brace. Lui trasporta i morti nel regno dell’Ade. Lo fa da sempre e non ricorda nemmeno i volti dei tanti morti.

Ma Orfeo ed Euridice, quella giovane coppia innamorata, non può dimenticarli.

Poco dopo li vediamo in scena questi giovani ragazzi. Sono Giulia Viana e Giacomo Ferraù.

Si incontrano, si innamorano, si sposano. Si abbracciano sul palco scuro e semivuoto, illuminato dalle luci di Sergio Taddo Taddei, attraversato da un lungo tappeto azzurro messo in diagonale.

Forse lo Stige infernale di Caronte, o la strada maledetta e ghiacciata di un giorno d’inverno sulla quale Giulia scivola con la macchina. Dall’incidente non si risveglia più e la sua vita diventa vegetativa, attaccata a macchinari di ogni tipo. Stato irreversibile.

Il mito si è capovolto. Orfeo, Giacomo, non vuole questa volta riportare Euridice, Giulia, in vita. Sa che non sarebbe possibile anche se il desiderio di vederla riaprire gli occhi è fortissimo.

Vorrebbe invece lasciarla andare, opporsi all’accanimento terapeutico che ha un che di maligno, che crea una tensione disperata e disperante tra i cari, pronti a cogliere e interpretare come ritorno alla vita il minimo fremito di un corpo in coma farmacologico.

Gli anni passano.

Il tappetto è ormai solo una corsia di ospedale, tra macchinari, lenzuola, camici bianchi e incomprensioni tra medici e parenti. E battaglie giudiziarie per un diritto dai contorni sfumati.

Per Giacomo infatti, il diritto alla salute implica anche quello di perderla, mentre per i medici è obbligo di vita.

E quando, dopo anni estenuanti che hanno fatto perdere senso al tempo, la sentenza del legislatore consente di staccare la spina, sofferenza, sollievo, stanchezza si spandono in ogni direzione.

Gli artisti hanno lavorato anche con l’associazione Luca Coscioni.

Ricordiamo che sino al 12 settembre gli abbonamenti 24/25 del Teatro Elfo sono scontati su https://ticket.elfo.org/content#

Orfeo ed Euridice

uno spettacolo di Eco di fondo e Teatro presente

testo e regia Cèsar Brie

con Giacomo Ferraù e Giulia Viana

musiche Pietro Traldi

costumi Anna Cavaliere

luci Sergio Taddo Taddei

produzione Eco di fondo, Teatro Presente

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