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“Un Nemico del Popolo”: la solitaria crociata di Jeremy Strong

C’è acqua, tanta, troppa acqua. Il dottor Thomas Stockman sente che sta per affogare, immerso in quel liquido che pesa e lo spinge giù ma che non lo ferma dal guardare lo spettatore dritto negli occhi, sconvolto nel realizzare che alla fine il suo timore si è avverato: è diventato “un nemico del popolo”. E’ questa la prima immagine che accompagna la presentazione dell’ultima versione americana di En folkefiende, opera teatrale del 1882 del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen, animato da una domanda ricorrente nella sua opera: dissentire è necessario per il proseguire della democrazia ma a quale costo?

“Qui c’è vita, qui c’è promessa”

Il dramma (quasi saggistico in alcuni passaggi) ruota intorno all’epopea del dottor Stockman, uomo rispettato in una piccola cittadina norvegese senza nome, venuto a sapere che la fornitura d’acqua del nuovo centro termale della città è inquinata da pericolosi agenti patogeni. La sua prima risposta è scrivere un articolo in cui espone i dati raccolti e spingere affinché lo stabilimento sia chiuso temporaneamente per poter risolvere il problema. L’ostacolo è subito dietro l’angolo e prende la forma del sindaco della città (interpretato da Michael Imperioli, ex Christopher Moltisanti nei Soprano), nonché fratello dello stesso dottore, che invece desidera mettere a tacere i suoi dubbi.

Inizia così la battaglia del dottor Stockman, svuotato dal clamore di uno scontro alla pari ma invischiato nella sua stessa solitudine, spesa alla ricerca di qualcuno che condivida le sue paure e che rafforzi il suo messaggio. Egli spinge la sua voce oltre ogni misura ma rimane sempre inascoltato, aizzando involontariamente contro di lui l’odio di un’intera comunità che tanto prima lo aveva amato e che ora invece fa convergere solo rabbia e distruzione. Questa è la storia che ha preso forma al teatro Circle in the Square di New York nelle ultime sedici settimane, arrivando anche a vincere un Tony Award (gli Oscar del mondo teatrale) lo scorso 16 giugno per il miglior attore protagonista, Jeremy Strong. È proprio lui la forza portante dell’intero spettacolo: con ancora il suo Kendall Roy di Succesion impresso nella memoria muscolare, Strong offre un ritratto orgoglioso del dottor Stockman, consapevole di come le sue azioni non lo porteranno mai a essere acclamato come un eroe ma che quantomeno gli permetteranno di essere ascoltato e compreso.

Invece è proprio sul campo della comunicazione che si svolge lo scontro fra i due fratelli, con il sindaco che chiede aiuto alla grande macchina della comunità imprenditoriale, trovando commilitoni fedeli in quella massa indistinta di cappotti e cappelli a cilindro che vede nella spa la promessa di ricchezza e abbondanza. Volontà e desiderio. La drammaturga Army Herzog pone l’accento proprio sulla portata fratricida della discussione: come ci si può affidare alla decisione della maggioranza quando a prevalere rimane comunque il mero interesse personale? La stessa controparte progressista è di poco aiuto alla causa di Strong/Stockman nel momento in cui minacce tangibili prendono forma. Nessuno è al sicuro, nessuno è salvo, ognuno però sente di avere una motivazione abbastanza solida da poterlo assolvere, bestie feroci e timidi sostenitori di entrambe le fazioni in perenne equilibrio in una sfida fra buona fede e mal celato egoismo. Lo stesso Stockman sembra percorrere il classico viaggio dell’eroe, in un’ottica da tragedia greca che lo lascia incastrato nella convinzione che solo le sue idee siano in grado di salvare il suo mondo-città.

Menzione d’onore è per la scelta logistica: Circle in the Square, teatro di Broadway caratterizzato da sedute ai margini del palco, così vicine che sul loro sito web spiegano come vi possa essere il rischio di trovarsi con la visuale ostruita a causa di qualche attore o di un “momento teatrale” svolto proprio lì di fronte. È nel dialogo con il pubblico che si respira la modernità di un’opera simile: gli attori non abbandonano mai la scena, si muovono come bestie in gabbia e cercano lo sguardo degli spettatori come per ammonirli, interrogando i loro occhi sulla veridicità di ciò che stanno osservando. Thomas Stockman urla a pieni polmoni la propria sconfitta, rintanandosi nella convinzione che “l’uomo più forte al mondo è colui che rimane più da solo”. En folkefiende tira con forza lo spettatore a ripensare le proprie certezze, spronandolo a ricalibrare le proprie bussole morali senza fermarsi a una troppo semplice distinzione fra bene e male.

Nessun teatro su un pianeta morente

Il teatro si è fatto carne quando lo scorso 14 marzo, tre attivisti del gruppo Extiction Rebellion hanno interrotto la scena dell’incontro cittadino (momento centrale all’interno della storia) per sottolineare l’importanza di credere agli scienziati e di come there will be no theater on a dead planet. L’intero cast è rimasto nel personaggio mentre realtà e finzione si sono fuse, creando un vero dibattito in cui “the water is poison, the doctor is correct” rimbalzava fra un manifestante e un attore con soluzione di continuità. Nei video pubblicati dagli stessi attivisti, si riesce a vedere come Strong continui a borbottare un let the man speak quasi come un tentativo di aggrapparsi ancora di più al suo Stockman.

An Enemy of the People concluderà la sua corsa il prossimo 23 giugno, dopo un percorso durato sedici settimane e animato da un successo non prevedibile. L’invito, forse un po’ tardivo, non è quello di comprare un biglietto dell’ultimo minuto per New York quanto piuttosto di permettere al testo (o alla performance stessa) di risuonare nel mare nostrum di assoluti infrangibili. “I thought it made sense dramatturgically” ha dichiarato Jeremy Strong in una delle sue interviste più famose. Probabilmente aveva ragione.

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