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Quando il 6 febbraio 1958 si spense il grande Manchester United

Il 6 febbraio 1958, il volo British European Airways 609, con a bordo 38 passeggeri, si schiantò sulla pista della città tedesca durante il decollo. L’aereo conteneva la squadra del Manchester United, i così detti “Busby Babes” più diversi giornalisti di ritorno dalla trasferta di Belgrado in cui i Reds Devils, grazie ad un pareggio per 3 a 3 contro la Stella Rossa, riuscirono ad acciuffare la semifinale in Coppa dei Campioni.

La drammatica vicenda

L’aereo partì da Belgrado alle 14.15 del 6 febbraio per dirigersi all’aeroporto di Monaco-Riem per poter fare rifornimento. In Germania, però avvenne il primo problema: il pilota James Thain, ex tenente della RAF, nel tentativo di decollo, avvertì un rumore insolito. Tre minuti dopo, un nuovo ok alla torre di controllo per un nuovo tentativo venne abortito dopo 40 secondi di manovra. A quel punto  i passeggeri furono fatti scendere e raggiunsero il terminal dell’aeroporto di Monaco: è lì che diversi giocatori del Manchester United inviarono un telegramma per avvisare le famiglie del ritardo.

Alle 15.59 il terzo tentativo di decollo: l’aereo raggiunge i 217 km/h. Il motore si surriscalda e l’aereo non prende quota, finendo sulla parte della pista in terra battuta dove era presente un sottile strato di neve (fu individuata come una delle principali cause della tragedia). La velocità scese improvvisamente a 194 km/h impedendo la frenata. L’aereo non riesce a frenare e si schianta contro una casa che secondo molti non doveva essere lì e contro un capannone, in cui era fermo un camion contenente pneumatici e una cisterna di carburante. L’esplosione è istantanea.

A perdere la vita sul colpo, oltre a co-pilota e steward, sono sette giocatori del Manchester United: Geoff Bent, Roger Byrne, Eddie Colman, Mark Jones, David Pegg, Tommy Taylor e Liam Whelan. Persero la vita anche il segretario Walter Crickmer, il preparatore Tom Curry, l’assistente tecnico Bert Whalley e 8 giornalisti al seguito del club. Duncan Edwards, forse il talento più grande di quel Manchester con 177 partite e 21 reti, sopravvisse all’esplosione ma morì dopo 15 giorni di agonia in ospedale.

Questa storia è raccontata perfettamente nel nuovo libro di David Peace “Monaco 1958”, di cui consiglio la lettura.

Più che una semplice squadra di calcio

Manchester era nel caos. Giornali, riviste, redazioni impazzite. Chiamate da parenti lontani e da familiari vicini per sapere notizie sui propri cari saliti in quel maledetto areo. Notizie frammentate e spesso inesatte. Bollettini di morte ritrattati. Attese, conferme, smentite e ancora conferme. Manchester cambiò abito. Dal rosso fuoco delle divise indossate della squadra il giorno prima, la città passò ad indossare un enorme velo nero che coprì tutti i quartieri.

Chi si recava ad Old Trafford, diventata quasi una cattedrale, era per poter lasciare un biglietto, una lettera, un fiore o semplicemente per contemplare la probabile fine di un’epoca. Il Manchester era la squadra più forte del mondo e il legame con la città era fortissimo: grigia, operaia ma al tempo stesso in cima al mondo grazie proprio a quei ragazzi che in giro per l’Europa e per l’Inghilterra non lasciavano scampo a nessuno.

“Il Manchester United vivrà per sempre, anche dopo un evento di tale porta” queste furono le parole che uscivano dagli uffici dell’Old Trafford per rispondere alle migliaia di teste, tra giornalisti e tifosi che attendevano fuori dallo stadio notizie i primi e speranze i secondi.

Glory Glory Man United!

Uno dei superstiti dello schianto aereo di Monaco fu Matt Busby. L’ex giocatore del Manchester City e allenatore della Scozia, riuscì nell’impresa di ricostruire una squadra che sembrava ormai persa dopo quel maledetto incidente. Il Manchester United riemerse in maniera eccellente diventando, di nuovo, una delle più grandi squadre degli anni sessanta. Il trio d’attacco indimenticabile era Denis Law, Bobby Charlton (anche lui sopravvissuto a Monaco) e George Best. Conquistarono la FA Cup nel 1963, poi il titolo nazionale due anni dopo e anche quello del 1967 che permise di disputare e vincere la Coppa dei Campioni. Dopo questo successo Busby fu nominato cavaliere dell’Ordine dell’impero Britannico dopo che già dal 1958 ne era membro.

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