Cristiano Ronaldo è il giocatore di calcio più seguito, amato, contestato, degli ultimi venti anni e a dargli corda c’è soltanto la pulce argentina, Lionel Messi. C’è stato un tempo però in cui il campione portoghese, oggi trentanovenne, era uno sconosciuto di sedici anni, giocava nello Sporting Lisbona, e costava più o meno quanto una Ford Ka.
Siamo nel 2001, ben lontani dal suo esordio in Primeira Liga del 29 Settembre 2002, ma più di qualcuno su un videogioco, un certo Championship Manager, inizia a capire che quello non è un semplice ragazzino, bensì un potenziale crack del mondo del calcio. Come è possibile?
Che cos’è Championship Manager o Football Manager
Championship Manager, dal 2003 in poi noto come Football Manager, è stato un videogioco manageriale di calcio avanguardistico, in grado di mettere nei panni di un allenatore il videogiocatore. Il suo compito non era quello di “pilotare” i calciatori, ma quello di schierare una formazione, impartire ordini, schemi, allenamenti, gestire il calciomercato.
Intere nottate a cercare di capire come far funzionare la propria squadra, valorizzare i giovani, convincere il campione a restare, oppure stravolgere tutto con il rischio di essere esonerati. Spiegare per filo e per segno cosa è stato Championship Manager a livello emotivo, per molti di noi, sarebbe impossibile in un solo articolo, ma ciò che ci interessa in questa sede è sottolineare quanto ci abbiano visto lungo quelli di Sports Interactive, perché il loro metodo si applica oggi nel calcio reale.
Il metodo Football Manager
Come facevamo a conoscere Cristiano Ronaldo a sedici anni e a sapere che sarebbe stato un grandissimo calciatore? È molto semplice: dalle sue statistiche. In realtà questa è una cosa che fanno tutti i videogiochi di calcio, ossia assegnare un certo valore numerico alla velocità, alla potenza del tiro, alla capacità di passare il pallone, ma mai quanto in Football Manager.
Questo manageriale non dà semplicemente dei valori, ma restituisce una mole di dati impressionante dopo ogni singola partita, permettendoci di analizzare per filo e per segno l’andamento di un certo calciatore. Quanti e quali sono stati i suoi passaggi decisivi? Quanti tiri hanno preso lo specchio della porta, oppure il palo? Quanti passaggi corti, quanti lunghi? Quanti secondi tiene il pallone prima di passarlo?
Adesso immaginate di voler acquistare un calciatore e di avere questo database enorme da cui attingere: quanto tempo impieghereste soltanto per formulare un’offerta? Ecco il modo in cui Football Manager fa capire a tutti gli altri giochi che è diverso. Cristiano Ronaldo aveva dei numeri pazzeschi, ottenuti grazie al lavoro di quelli che oggi definiremmo data analyst e che forse all’epoca erano visti come dei pazzi.
Walter Sabatini e Florent Ghisolfi – osservatori e data analyst
Chi mastica un po’ il calcio sa che questi sono stati rispettivamente l’ex e l’attuale direttore sportivo della Roma. Perché prendere questi due esempi? Il primo, Walter Sabatini, uomo che conosce bene il freddo delle panchine dei campi regionali, sigaretta tatuata in bocca per allentare la pressione, occhio vigile su questo o quell’affare; il secondo, Florent Ghisolfi, bel sorriso, camicia bianca, l’aria di avere tutto sotto controllo e nessuna informazione che trapela dei suoi prossimi colpi.
I due si differenziano moltissimo non solo per queste caratteristiche, ma soprattutto per una: la raccolta dei dati. Chi aveva detto a quelli di Sports Interactive che Cristiano Ronaldo sarebbe diventato un fenomeno, è stato inevitabilmente qualcuno con due occhi e due gambe, che ha visto il calciatore e che ha deciso di iniziare un lavoro embrionale di raccolta dati. Florent Ghisolfi lavora così, con data analyst e pochi collaboratori, con video, studi attenti e meticolosi; Walter Sabatini si presenta con una stecca di tabacco con i suoi osservatori e decide se quel cavallo è di razza, oppure no.
Entrambi visionano, entrambi hanno bisogno di due occhi e due gambe per osservare, ma non lo fanno nello stesso modo. Florent Ghisolfi usa di più quello che abbiamo definito come metodo Football Manager, in grado di applicare un pizzico di scienza all’acquisto di un calciatore, mentre Walter Sabatini si fida più del suo istinto, del suo team, e non perché sprovveduto: il calcio è sempre stato questo, un valore umano.
Chi ha ragione? Il caso di Jack Coles
Nessuno dei due. Il valore umano nel calcio resta l’elemento fondamentale, ma incalcolabile, per determinare se un certo calciatore sarà o meno un campione. Scommettere su un sedicenne Cristiano Ronaldo è un conto, ma vederlo arrivare a più di 900 reti a trentanove anni, chi lo avrebbe mai detto?
Eppure non c’è niente di male nel voler capitalizzare tutto quello che può essere invece misurato, per avere un aiuto nella selezione, per restringere il campo di ricerca, per avere qualche chance in più di fare colpo, ma soprattutto per analizzare meglio le partite.
Sì, perché non bisogna dimenticare che Football Manager (e la realtà), non raccoglie i dati soltanto per i singoli calciatori, ma anche per un match o campionato ben preciso. Banalizzando il concetto: se la mia squadra soffre sempre sulla fascia destra dopo il secondo tempo, è possibile che debba fare qualche sostituzione in quella porzione di campo.
I dati vanno interpretati, ma non scappano, e non è un caso se Jack Coles, osservatore del Coventry City, stia scovando giocatori per la Federazione della Guinea-Bissau partendo dal database di Football Manager. Il confine tra videogioco e realtà non è mai stato così sottile!