Esistono appartenenze non figlie di retaggi di nascita, amori che si fondono con l’anima per sinergie di spirito e non per natali, quando il cuore vibra all’unisono con lo spirito di una città, di un popolo che adotta i suoi eroi.
Questo il destino di quei calciatori come Gianluca Mancini, destinati ad essere simbolo senza averne un diritto naturale ma poichè la storia del calcio consegna loro le chiavi dei cuori di una intera tifoseria.
Nato a Pontedera, nel Regione del Valdarno Inferiore dove confluisce il fiume Era, Mancini ha assunto sulle spalle lo spirito della romanità partita dopo partita, un’apoteosi al pantheon giallorosso culminata nella rete che ha indirizzato il confronto contro il Milan nei quarti di finale di Europa League.
Forte del vantaggio conseguito a Milano, la Roma di De Rossi ha valorizzato il carattere e la personalità di Mancini in un exploit che ha visto anche la rete decisiva nel derby.
Un confronto, quello con i rossoneri, chiuso dalla perla calcistica di Dybala ma non è nel sinistro splendido della Joja che si rispecchia la Roma di DDR ma nella rete e nello spirito di Mancini: rocciosa, salda e spavalda.
Stride il confronto con un ex giallorosso, Florenzi, lui si nato a Roma, e ora, per giochi del destino, con la maglia del Milan, fischiato sonoramente dall’Olimpico nel suo ingresso in campo. Evidenza che l’amore non segue le logiche dei natali.
Un rapporto quello tra Roma e Mancini frutto di affinità elettive, chimica che diventa sentimento e orgoglio. Non un caso che proprio vicino a Pontedera, luogo natale del centrale difensivo giallorosso, confluisca il fiume Era, nome della divinità del matrimonio e della fedeltà coniugale, un legame che nasce non dai natali ma dalla volontà di scegliersi ogni giorno con la consapevolezza delle prossime battaglie.