A soli quattro mesi dall’approvazione di norme vitali per la sostenibilità da parte dell’UE, la Commissione ha lanciato un pacchetto Omnibus, che contemporaneamente mina l’efficacia delle norme già adottate e scavalca il processo democratico da cui sono nate.
Lo scorso 26 febbraio la Commissione europea ha proposto l’introduzione del pacchetto normativo Omnibus per semplificare molti dei requisiti di rendicontazione della sostenibilità aziendale. La proposta Omnibus, in particolare, rispecchia la spinta anti-ESG delle destre europee, che ritengono i recenti regolamenti sulla sostenibilità troppo onerosi per le aziende. D’altro canto, molti investitori, ONG e rappresentanti della popolazione civile hanno mostrato grave preoccupazione per i tagli introdotti dal pacchetto, temendo l’indebolimento della trasparenza richiesta alle aziende sulla rendicontazione dei loro impatti ambientali e la frenata degli investimenti su progetti verdi.
Il 1° aprile, durante la sessione plenaria, il Parlamento Europeo ha votato sulla richiesta di procedura d’urgenza (Regola 170) per posticipare l’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). Questa misura, nota come “stop-the-clock”, mira a concedere più tempo agli Stati membri e alle aziende per adeguarsi alle nuove normative sulla sostenibilità aziendale. Le posizioni all’interno del Parlamento Europeo sono divergenti riguardo al Pacchetto Omnibus, mentre nel Consiglio dell’UE sembra esserci un maggiore consenso, come emerso durante la riunione dell’ECOFIN del 12 marzo 2025.
Cosa prevede il pacchetto Omnibus
L’UE ricorre raramente a disegni di legge omnibus, ovvero un sistema per approvare contemporaneamente una serie di provvedimenti normativi accomunati da un medesimo obiettivo. In questo caso, sono in corso di revisione due Direttive e due Regolamenti:
la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese, in vigore dal luglio 2024, che impone alle aziende di pubblicare e sottoporre a revisione informazioni dettagliate sui loro impatti ambientali, sulla governance attuata e sulle politiche sociali realizzate. Il Pacchetto Omnibus, in questo caso, limiterebbe il campo di applicazione alle aziende con almeno 1.000 dipendenti e un fatturato superiore a 50 milioni di euro o un attivo patrimoniale superiore a 25 milioni di euro. Questo ridurrebbe di circa l’80% il numero di aziende obbligate a comunicare le proprie informazioni ESG rispetto alle regolamentazioni precedenti e verrebbero posticipati di 2 anni gli obblighi di informativa per le imprese che attualmente rientrano nell’ambito di applicazione della CSRD;
la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), la Direttiva Europea sulla sostenibilità della filiera. Le imprese assoggettate hanno l’obbligo di effettuare una Due Diligence, ovvero una dichiarazione di dovuta diligenza sulla sostenibilità ambientale e sociale della propria catena di fornitura per prevenire e mitigare eventuali impatti negativi. Con il pacchetto Omnibus ne verrebbe rinviata l’entrata in vigore a metà 2028 e verrebbe, inoltre, ridotta la frequenza delle verifiche richieste. Le aziende, infatti, saranno tenute a effettuare le valutazioni dell’efficacia dei loro processi di due diligence ogni cinque anni anziché annualmente e l’obbligo di due diligence sarebbe limitato ai soli fornitori diretti;
il Regolamento Tassonomia UE (Reg. UE 2020/852), un sistema di classificazione che aiuta a chiarire quali attività economiche sono sostenibili e a prevenire il greenwashing, in vigore dal 2020. Con l’introduzione del Pacchetto Omnibus, le aziende già operative ma solo parzialmente conformi ai requisiti della Tassonomia UE potranno scegliere di riportare volontariamente il proprio grado di allineamento. La Commissione, inoltre, ha avviato una consultazione pubblica su proposte di modifica all’Atto Delegato sulle Disclosures della Tassonomia e agli Atti Delegati sul Clima e l’Ambiente, riducendo fino al 70% i dati richiesti per i modelli di rendicontazione. Omnibus prevede inoltre delle semplificazioni relative al DNSH (Do Not Significantly Harm), ovvero un principio introdotto dalla Tassonomia europea per poter identificare le attività economiche veramente sostenibili;
Regolamento CBAM – Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Reg. UE 2023/956), noto come CBAM Regulation, è in vigore nella sua fase transitoria dal 1° gennaio 2024 e coinvolge gli importatori di beni responsabili di alte emissioni di gas serra, obbligandoli a rendicontare le emissioni di GHG incorporate nei prodotti importati. Il Pacchetto Omnibus introdurrebbe una soglia annuale cumulativa minima pari a 50 tonnellate di prodotto per importatore. Questo significa che gli importatori che non superano questa quantità annua saranno esentati dagli obblighi di dichiarazione CBAM. Tale modifica esenterà circa il 90% degli importatori (circa 182.000 aziende).
Le preoccupazioni della società civile sul pacchetto Omnibus
Ben trecentosessanta organizzazioni della società civile, guidate dall’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC) assieme a Eurosif – The European Sustainable Investment Forum e Principles for Responsible Investment (PRI), hanno firmato una Dichiarazione congiunta che invita la Commissione europea a “preservare l’integrità e l’ambizione” del quadro della finanza sostenibile dell’UE. Si teme, infatti, un allentamento degli standard di sostenibilità e responsabilità sociale delle imprese. In tal senso la Dichiarazione congiunta riflette la paura che, riducendo gli obblighi di rendicontazione e due diligence, si possa compromettere la capacità dell’UE di guidare globalmente su questi fronti cruciali. La critica principale risiede nel potenziale ritardo nell’applicazione delle normative e nella diluizione dei requisiti essenziali per una reale trasparenza e responsabilità aziendale.
Se da un lato il complesso quadro di normative sulla sostenibilità introdotte negli ultimi anni e, soprattutto, gli obblighi di pubblicità e revisione stanno mettendo in difficoltà le aziende, specialmente le PMI, dall’altro le modifiche proposte con il pacchetto Omnibus non sembrano limitarsi ad una semplificazione burocratica, ma possono realmente minare gli sforzi compiuti fino ad ora nell’ambito dei diritti umani e della tutela ambientale.