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Donne e nemiche di Ceaușescu: la mostra all’Accademia di Romania

Simbolica la data di inizio della mostra “Nemiche del popolo“, all’Accademia di Romania in Roma: un giorno prima dell’8 marzo. Oggi e sempre, è fondamentale riflettere su chi ha subito le violenze dei regimi totalitari, tra cui quello di Nicolae Ceaușescu, e perché.

Le “nemiche” del comunismo romeno

Provenienti da ogni classe sociale, di qualsiasi età, le donne finite nelle carceri comuniste romene hanno costituito il 5,31% delle vittime totali. E spesso queste “Duşmance ale poporului”, come venivano chiamate dal dittatore stesso, avevano la mera colpa di essere le mogli, madri, sorelle o figlie degli uomini già incarcerati dal regime: nessuna vera colpa. Ma l’oppressione totalitaria e anti-democratica quasi mai si è basata su dati fattuali, per mietere le sue vittime.

Fonte: Accademia di Romania

Il punto di partenza: il Memoriale di Sighet

La mostra all’Accademia di Romania è stata curata da Virginia Ion e organizzata dal Memoriale delle Vittime del Comunismo e della Resistenza di Sighet, Romania. Si tratta del primo monumento al mondo in ricordo delle vittime del comunismo. Nato come prigione nel 1857, gli venne conferita la funzione di penitenziario politico tra il 1948 e il 1950.

Chiusa nel 1973, la prigione di Sighet rinacque con una nuova funzione, grazie al progetto della poetessa Ana Blandiana e Romulus Rusan, presentato al Consiglio Europeo nel 1993. Da quel momento in poi, divenne un museo che adottava il punto di vista delle vittime, per raccontare la sua tragica storia.

Memoriale di Sighet. Fonte: Wikipedia.

Voci di vittime, voci di donne

La mostra impiega il mezzo multimediale per riportare, in maniera semplice e diretta, una varietà di testimonianze: una decina di foto e frammenti, a fronte delle migliaia di tragedie compiute fino alla caduta del comunismo in Est-Europa.

Tornano così a noi voci di donne che, messe a tacere dal regime comunista, considerate deboli e più facilmente manipolabili (vittime dunque di una repressione ancora più dura), oggi possono essere nuovamente ascoltate e capite.

In un’epoca come quella odierna in cui, nonostante gli enormi passi avanti dell’umanità, lo stato di diritto continua a essere minacciato, risulta estremamente lucida e pertinente l’intuizione della stessa Ana Blandiana: quando la giustizia non riesce a essere una forma di memoria, la memoria sola diventa una forma di giustizia.

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