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Le condizioni di Papa Francesco fanno riflettere sul futuro

Da giorni, il Vaticano minimizza, tranquillizza, rassicura. Ma la realtà è testarda e i bollettini medici parlano chiaro: Papa Francesco è in condizioni critiche. Ricoverato d’urgenza al Policlinico Gemelli per una grave crisi respiratoria, ha subito una trasfusione di sangue e viene tenuto in osservazione continua. Il Pontefice, 87 anni, è provato da una polmonite bilaterale che non gli dà tregua. Intorno a lui, cardinali e medici che si muovono con passi felpati e volti tesi. Il silenzio vaticano, più che tranquillizzare, alimenta il sospetto che la situazione sia peggiore di quanto raccontato.

Non è la prima volta che Papa Francesco affronta problemi di salute, ma questa sembra la più seria. La polmonite bilaterale, a quell’età, non è una banale influenza. Eppure, tra smentite e dichiarazioni evasive, la comunicazione ufficiale sembra più preoccupata di evitare il panico che di informare i fedeli. Il bollettino parla di “lieve miglioramento”, ma fonti interne descrivono un quadro ben diverso: il Pontefice respira a fatica, ha bisogno di ossigeno continuo e la trasfusione indica un livello di debolezza che non si può ignorare. E mentre si attende il prossimo aggiornamento, cresce il timore che la situazione possa precipitare.

Il sangue ricevuto è stato necessario per compensare una debilitazione generale che i medici stanno cercando di contenere. Ma la verità è che Francesco è stanco. Il corpo cede, e con lui anche le certezze di chi lo vorrebbe eterno. Intanto, il Vaticano tace o parla per frasi fatte. Il classico protocollo di crisi: minimizzare fino all’ultimo, poi affrontare l’inevitabile.

Piazza San Pietro si riempie di fedeli, ma il clima è quello delle grandi attese, delle vigilie cariche di presagi. Si prega, si piange, si spera. Il cardinale Parolin si affretta a rassicurare tutti: “Il Santo Padre è stabile, seguiamo la situazione con fiducia”. Tradotto dal linguaggio vaticano: la situazione è grave, ma non possiamo dirlo apertamente. Intanto, i cardinali iniziano a muoversi, le stanze del potere si agitano. Perché, che lo si voglia o no, la Chiesa è anche politica, e il futuro di un papato fragile è già materia di discussione.

E se Francesco decidesse di dimettersi? Se la malattia fosse il preludio a una rinuncia, come fece Benedetto XVI? L’ipotesi non è fantascienza. Il Papa ha sempre detto di non escludere un passo indietro se il suo corpo non gli avesse più permesso di guidare la Chiesa. E ora quel momento potrebbe essere arrivato. Il Vaticano si prepara a ogni scenario, anche a quello più drastico: il Conclave. Dietro le quinte si sondano nomi, si misurano equilibri, si tracciano strategie. Perché la fede è spiritualità, ma il governo della Chiesa è politica, e una transizione di potere non si improvvisa.

Il tempo stringe. Ogni giorno senza un miglioramento concreto rende più realistica l’idea che il pontificato di Francesco sia alla sua fase finale, in un modo o nell’altro. Il silenzio ufficiale, più che rassicurare, alimenta dubbi e congetture. Per ora, si attende. Ma a Roma, e nei palazzi vaticani, c’è già chi guarda oltre, a un futuro che potrebbe arrivare prima del previsto.

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