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Fenomenologia dello scandalo

Si iniziò con Salvemini che definì Giolitti “ministro della malavita” e con il crac della Banca Romana. La Dc ebbe il caso Montesi, una ragazza morta annegata sulla spiaggia di Capocotta, in cui si ritenne che fosse coinvolto il figlio di Piccioni. Non a caso in quel periodo gli avversari politici chiamavano dispregiativamente i democristiani “capocottari”. Ed erano solo gli inizi perché questa nostra Repubblica è stata costellata di scandali di ogni tipo e ogni legislatura ha i suoi, indipendentemente dal colore politico dei governi. Anzi potremmo affermare che le uniche due costanti nella vita politica italiana siano l’instabilità governativa e la presenza di scandali. Non c’è democrazia che si rispetti che non abbia scandali. I francesi ebbero il caso Dreyfus. 

Gli americani nei primi anni Settanta hanno avuto il Watergate per delle intercettazioni illegali e negli anni Novanta il caso Lewinsky. Da una parte uno scandalo politico, economico, sessuale di uno o più potenti è senz’altro sintomo di corruzione,  ma dall’altra è sinonimo indubbio di  trasparenza, di democraticità. Gli scandali che fanno più notizia sono quelli sessuali perché sono più semplici da capire, alimentano la curiosità morbosa,  la pruderie di molti. Un potente, un uomo politico dovrebbe avere in teoria una specchiata moralità.  Dovrebbe essere probo, onesto e integerrimo: non corrotto, né corruttore, ovvero incorruttibile.  Berlinguer dichiarò che i politici dovrebbero essere capaci e onesti. Però è meglio un politico onesto e incapace o uno capace e disonesto?

Questo problema è controverso, nessuno è arrivato a una soluzione definitiva, molti vi si sono accapigliati e continuano ad accapigliarsi. Ma nel nostro Paese cattolico i potenti dovrebbero avere secondo la mentalità comune oltre a un’ottima etica pubblica anche una moralità privata senza macchie. Da secoli si pensa che una vita privata morigerata, quindi una condotta di vita senza vizi né eccessi sia segno inequivocabile di onestà. È giusto o sbagliato?

Croce in “Etica e politica” distingueva nettamente le due cose e pensava, a torto o a ragione, che non fossero correlate significativamente. Però comunemente i politici dovrebbero essere in teoria meglio dei cittadini che rappresentano, dovrebbero essere un corpo scelto. In fondo molti cittadini pensano che i potenti siano lautamente pagati e quindi non perdonano loro vizi, eccessi, debolezze delle persone cosiddette comuni. Unica eccezione sono gli artisti. Dai tempi dei poeti maledetti esiste la distinzione tra borghesi e artisti, che possono creare scandalo e vivere una vita sopra le righe. L’artista inoltre viene ai giorni d’oggi più scusato perché vive una condizione di déraciné, in questa societàtecnologicae scientifica è uno straniero in patria e poi l’arte è ritenuta secondaria rispetto alla politica, all’economia, allo show business. Nonostante questo in Italia negli ultimi decenni ci sono stati artisti e intellettuali coinvolti in scandali: si pensi al poeta Braibanti per un controverso caso di plagio di uno studente oppure più recentemente a Soria per dei soldi in nero per il  premio Grinzane Cavour.

La questione di fondo comunque  è che la vita privata non debba mai interferire con il ruolo pubblico ricoperto perché ci possono essere conflitti d’interesse, facilitazioni, favoritismi. Da ciò ne consegue che se un potente ha qualcosa da nascondere nel privato, può diventare ricattabile e non esercitare più in modo corretto il suo ruolo istituzionale,  la sua funzione socioeconomica e/o politica. Inoltre se un potente viene travolto da uno scandalo non ci rimette solo la sua reputazione e la sua credibilità ma la stessa reputazione, credibilità della società o dell’istituzione che rappresenta. Insomma uno scandalo, che sia economico, politico o sessuale danneggia irreversibilmente l’immagine sia del potente che dell’istituzione o società che rappresenta e dirige. Un grande nodo irrisolto della questione è che in Italia il potere talvolta si fonda sulla ricattabilità, sul clientelismo, sul malaffare.

Ciò che funziona di meno in questi ultimi tempi è la cooptazione di uomini e donne della società civile da parte dei partiti politici: non esiste più una formazione, una gavetta politica né una selezione efficace come molti decenni fa. Infine il problema insormontabile è che ogni cittadino, a meno che non sia un santo, ha qualche scheletro nell’armadio da nascondere e una volta che diventa personaggio pubblico tutto ciò viene fuori. Decenni  fa si vociferava sui presunti vizi, sulle presunte amanti, sul presunto uso di droghe dei potenti, ma nessuno aveva le prove. Oggi nessun potente riesce più a nascondere il suo privato, perché è diventato anch’esso pubblico.

Nascondere, tenere segreti certi aspetti e vicende private non è più questione di scaltrezza, accortezza, furbizia, intelligenza o segno di grande potere. Oggi nel villaggio globale, nella società mediatica per antonomasia, la tecnologia e appunto i mass media portano tutto a galla, portano a conoscenza tutto di tutti, nessuno escluso.

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