L’utilizzo di cosmetici, creme, sostanze profumate e unguenti nell’antica Roma, derivava dalla consuetudine di applicare sul corpo, dopo i bagni di detersione, oli grassi e profumati, che non solo servivano a restituire morbidezza alla pelle, ma anche a conferirle un piacevole e persistente profumo. Una pratica che nacque dalla necessità e che in breve tempo divenne una moda, un segno di distinzione e lusso.
Ricercando nella storia, probabilmente i primi ad utilizzare unguenti profumati furono i Persiani. Le fonti antiche ci raccontano che essi usavano cospargersene in modo così abbondante che non sembrava che sudassero, ma trasudassero oli profumati.
L’utilizzo di questo tipo di sostanze si diffuse abbastanza rapidamente in Oriente e in Egitto ed in seguito presso i Fenici. Questi a loro volta importarono l’utilizzo di questi beni di lusso tanto effimeri, fino alla Grecia micenea, diventando rapidamente un prodotto diffuso e ampiamente richiesto, fino a rappresentare un elemento indispensabile nella toilette sia maschile che femminile.
I Romani una volta conosciuto tale prodotto, nonostante le agguerrite opinioni dei più conservatori, che resistevano al fascino della cosmetica, mantenendo ferma l’opinione della mollezza dei costumi dei greci e del pericolo rappresentato da tali abitudini, ne divennero dei consumatori sfrenati.
L’Utilizzo di prodotti cosmetici per massaggi e frizioni si ampliò nel corso del tempo: dal loro impiego dopo i bagni, divenne molto diffuso prima di presentarsi in pubblico, tanto che era divenuto costume profumarsi abbondantemente prima di andare ad un banchetto. Ed è proprio durante i banchetti, come ci narra la letteratura antica, che venivano presentati in modo spettacolare dai proprietari di casa aromi ed essenze. Sappiamo infatti che all’interno delle domus romane, vi erano alcuni schiavi appositamente preposti a versare sui piedi dei commensali oli profumati per allietare il pasto. Ma l’utilizzo dei profumi poteva avere anche dei risvolti spettacolari: sappiamo che durante la consumazione di pasti in presenza di ospiti di riguardo che si volevano stupire, venivano anche liberate colombe che in precedenza erano state impregnate di profumo.
Per quel che riguarda l’utilizzo personale, uomini e donne erano soliti profumarsi testa e capelli, ma anche abiti e biancheria. Nerone pretendeva che i suoi sandali venissero impregnati di sostanze odorose mentre Caligola faceva cospargere persino le pareti.
Prima di indossare gli abiti comunque l’eccesso di unguento profumato veniva tolto via con lo strigile.
La preparazione di questi prodotti prevedeva una profonda conoscenza della botanica e della chimica e una grande perizia tecnica. Per ottenere gli unguenti profumati si facevano macerare le sostanze aromatiche in olio caldo e poi si filtravano; con la spremitura con il tornio, a trave o a vite, dei principi attivi si ottenevano gli olii essenziali, mentre le pomate si ottenevano lasciando macerare petali di fiori in grasso animale. I diaspamata erano profumi preparati a secco mediante la polverizzazione delle sostanze vegetali aromatiche.
Affresco della Casa dei Vettii – Pompei – Ciclo di lavorazione degli olii profumati
Le fabbriche di profumo si concentravano nei luoghi in cui si producevano le erbe aromatiche con cui erano confezionati. Il fatto che la maggior parte delle sostanze utilizzate per la loro realizzazione e di conseguenza che i primi scopritori delle tecniche per la realizzazione di questi prodotti si concentrassero in Oriente, decretò che da tali luoghi venissero importati e distribuiti in tutto il bacino del mediterraneo. L’Egitto produceva il myrobalano, il cinnamomo, il galbano, il laudano e il noto profumo d’Egitto; Cirene esportava olio di rose; dal sud dell’Asia proveniva l’olio di mandorle e dalla Cilicia l’olio di zafferano, quello di giglio da Pergamo e da Tarso il pardalium; la Lidia produceva il brention; il miglior aroma di giglio veniva invece da Pergamo. Ad Atene nell’officina di Eschino il socratico, i Romani si procuravano il panathenaion. A Napoli si preparavano i profumi all’essenza del pregiato nardo. Il prodotto cosmetico era dunque un prodotto che proveniva da lontano, ammantato già dalle origini di una valenza di ricchezza e lusso che ne faceva un oggetto di desiderio e di distinzione.
Dioscuride narra che ai tempi di Tiberio fu nominato senatore Flacco Apulio, un oscuro giardiniere che aveva messo a tal frutto le sue conoscenze botaniche da aprire un laboratorio per la fabbricazione di profumi destinati a tutta la penisola.
Viene narrato dalle fonti antiche a Roma i migliori profumi si potevano acquistare da Cosmo e Nicera che avevano l’officina al Velabro.
Valeria Vaticano
7 marzo 2012