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L’Oman: un’oasi nel deserto

L’Oman si trova nel Sud-Est della Penisola Araba, stretto tra gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e lo Yemen, e affacciato sul Mar Arabico, che si insena, per l’appunto, nel Golfo di Oman.

Nel corso della storia, a partire dal XVII secolo, il paese era stato una talassocrazia, fino a prosperare al punto da divenire un impero, che raggiunse l’apice del suo splendore nel XIX secolo: in questa fase l’Oman esercitava un influente controllo sul Golfo Persico e su parte dell’Oceano Indiano.

La prosperazione dell’impero omanita fu sostenuta soprattutto dal mercato degli schiavi e delle armi, e quindi, quando queste attività andarono in declino nel corso del XX Secolo, l’avvenente sole dell’Oman si rabbuiò, fino a divenire questo un protettorato del Regno Unito.

Il 24 luglio 1970 però si segnò una svolta nella storia dell’Oman, infatti con un golpe il sultano allora regnante fu deposto da suo figlio Qabus, che rimase in carica a sua volta come sultano per 50 anni: a seguito del golpe, nel 1971 terminò la condizione di protettorato da parte del Regno Unito nei confronti dell’Oman, e il 7 ottobre dello stesso anno il Paese fece il suo ingresso nell’ONU.

Oggi il Paese si configura come una monarchia assoluta, nella forma del sultanato, con un Parlamento che detiene solo formalmente alcuni poteri legislativi e di controllo.

Da quando è terminata la condizione di “sottomissione” britannica, l’Oman è cresciuto a dismisura, tanto da essere primo in una classifica stilata tra 135 Paesi dall’UNDP nel 2010: vale a dire che, secondo le statistiche rilevate dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, l’Oman era in testa tra gli Stati considerati per la crescita economica negli precedenti 40 anni, e tuttora l’Oman è una realtà del tutto peculiare nel panorama arabo, costituendo un sistema sviluppato e stabile.

Alla morte del sultano Qabus, l’11 gennaio 2020, è subentrato al comando l’attuale sultano Haitham Bin Tariq Al Said, già Ministro della Cultura nel sultanato precedente, ma tanto è forte il legame del popolo omanita con Qabus che ancora oggi la festa nazionale si celebra il 18 novembre, giorno di nascita del sultano che ha reso indipendente il suo popolo.

Di recente l’Oman ha presentato la sua “Vision2040”, cioè delle linee guida economico-sociali con finalità programmatiche, redatte con un approccio partecipativo dal basso che ha unito il settore privato alle volontà del governo.

I fondamenti strategici su cui l’Oman ha deciso di incardinare il suo futuro sono la sostenibilità, la governance e le performance delle istituzioni, un’economia competitiva e una società creativa e orgogliosa della sua identità.

Il claim del progetto è “beauty has an addres”, e questo ben sottolinea il ruolo preminente che svolge il turismo nel sistema omanita, infatti il settore è in forte crescita, quasi al pari degli ultimi dati pre-Covid, con l’Italia che ad oggi è il secondo Paese europeo nel mercato delle crociere in Oman, e il terzo tra i Paesi europei se si considerano gli arrivi totali nel sultanato; secondo un report di Indeed inoltre, sta aumentando sempre di più l’attrazione per l’Oman da parte di chi cerca lavoro all’estero: questo fascino è dato dal fatto che il Paese è un piccolo stato con un’economia aperta e un alto tenore di vita, e queste caratteristiche lo portano a competere nella stessa classifica di realtà analoghe ma nella nostra idea occidentale lontanissime, quali il Kuwait, la Svizzera e il Lussemburgo, che rimane leader indiscusso nel settore analizzato.

Sembra lecito allora chiedersi se la crescita dell’Oman si sia stabilizzata su un sistema che costituisce già un’eccezione nella realtà araba, o se questa crescita ha ancora margine per impennarsi.

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