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Relazioni pericolose: la colonizzazione francese in Algeria

Era il luglio del 2020, quando la Francia, in occasione del cinquantottesimo anniversario dell’indipendenza dell’Algeria, prese la storica decisione di restituire alla sua amata ex-colonia i resti dei ventiquattro combattenti decapitati durante la conquista coloniale. Se i molteplici oggetti conservati in depositi occidentali disegnano, nei loro viaggi di ritorno, nuovi percorsi e relazioni, i resti umani, in qualità di ambasciatori di memorie passate, sottolineano e approfondiscono tali tracciati.

Ripercorriamo all’indietro i tortuosi sentieri ed arriviamo al 1830, anno nel quale i francesi sbarcarono rapidi sulla sponda opposta del Mediterraneo, guidati dalla prepotenza del re borghese, Filippo D’Orléans, con il quale si archiviava il potere borbonico e si inaugurava la prima tappa della conquista di Algeri, allora sottoposta al dominio turco. Qualche ettaro di terra da coltivare offerta agli avanzi di popolazione emigrata in seguito alle guerre napoleoniche e al perpetuarsi dei conflitti sociali, disegnava il profilo di una Francia d’oltremare. L’ Oriente esotico appariva agli occhi dei suoi proprietari come accogliente e non ostile, docile e memore del ricordo della precedente Campagna d’Egitto condotta dal piccolo caporale, Napoleone. Nonostante l’immaginario comune, la penetrazione francese non fu così lineare poiché venne ostacolata ripetutamente dall’emiro e capo militare, Abd-el-Kader. Tuttavia, con la definitiva vittoria della potenza francese, si verificò l’innesto di numerosi coloni provenienti da tutta Europa.

I francesi di Algeri sono una razza bastarda, fatta di miscugli imprevisti. Spagnoli e alsaziani, italiani, maltesi, ebrei, greci, si sono alla fine incontrati su questa terra. Tanti incroci hanno dato, come in America, risultati felici.  (Albert Camus)

Mentre i colonizzatori Francesi continuavano ad amministrare il territorio algerino come parte integrante del proprio paese, iniziava a diffondersi, in seguito alle due guerre mondiali, lo scontento popolare, generato dalla  mancanza di uno status politico economico nella legge francese inerente al sistema coloniale. Così, la domanda di autonomia si trasformava in un’accesa lotta per l’indipendenza, dando il via a conflitti caratterizzati da guerriglie e torture. La guerra tra la Francia e il Fronte di Liberazione Nazionale portò a duecentocinquantamila vittime algerine e alla caduta della Quarta Repubblica Francese.

Non esiste uno spettacolo più disperante che questa miseria nel mezzo del paese più bello del mondo. (Albert Camus)

Bisognerà aspettare il 18 marzo del 1962, quando con gli Accordi di Evian, venne sancita la nascita di una nuova Algeria, autonoma e indipendente. Le relazioni diplomatiche tra di due paesi rimangono poco produttive: da un lato l’Algeria richiede alla Francia l’ammissione di colpevolezza per i crimini di guerra, quest’ultima, dall’altro, appare restia a concederla. Se, il ritorno, in patria algerina, dei resti umani dei soldati resilienti, ha rappresentato un primo segnale di apertura, la strada da percorrere per raggiungere una riconciliazione risulta difficoltosa.

Le vecchie potenze coloniali devono rivedere e riconoscere il proprio passato, venendo a patti, ora, con quegli attori non più così fragili e lontani.

 La solidarietà tra francesi e arabi è inevitabile nella morte come nella vita, nella distruzione come nella speranza. Per non essere stati capaci di vivere insieme due popoli, diversi e uguali insieme, ma ugualmente degni di rispetto, si condannano a morire insieme, con la rabbia nel cuore. (Albert Camus)

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