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La Siria, un quadro complesso dove non regna mai la pace.

La Siria è in queste ore ricaduta nel caos. Il paese è uscito da soli 3 mesi dalla dittatura di Bashar Assad, una dittatura che ha stremato il paese rendendolo uno stato di terrore e narcostato. Le religioni presenti, a parte una piccola percentuale di Drusi (religione monoteista radicata nella zona montuosa a sud del paese) e una, sempre piccola, fetta di cristiani appartenenti alla Chiesa Ortodossa Siriaca (perseguitati in questi anni dall’ISIS) sono relative al mondo dell’Islam.

La situazione

Più nello specifico, motivo delle rappresaglie che hanno messo in ginocchio il Paese nella storia moderna, è il conflitto tra i Sunniti, a cui fa riferimento la maggior parte della popolazione, e gli alawiti, di cui faceva parte anche il dittatore Assad supportato dagli sciiti. Questi due ultimi gruppi sono stati trattati negli scorsi anni come cittadini prioritari; il regime di Assad ha sempre utilizzato il potere per opprimere i sunniti, altri attori in gioco sono stati gruppi islamisti come l’ISIS, terzo protagonista minore, gruppo jhadista sunnita che ha terrorizzato la popolazione perseguitando gli sciiti, o Hezbollah, gruppo finanziato dall’Iran e che ha giustificato la sua presenza sul territorio siriano per mantenere la stabilità regionale e il regime alawita, quindi al servizio di Assad.

Assad in questi anni ha usato finanziamenti Russi e Iraniani, ma anche i proventi dalla rete di narcotraffico di captagon ideata per raggirare le sanzioni, da suo fratello capo maggiore dell’esercito, per innescare un ciclo di oppressione e controllo, compiendo crimini non solo contro la popolazione, ma opprimendo minoranze, sunniti e l’opposizione, dalle quali sono emersi gruppi di ribelli che si sono fortemente opposti al regime, il tutto mentre milioni di siriani emigravano e trovavano rifugio in altri paesi.

La nuova vecchia fase Siriana

Ora da quando il regime è caduto, la Siria sta vivendo una fase post dittatoriale dove alawiti e sciiti, i quali sono sempre stati cittadini di serie A, si sono ritrovati perseguitati dalle forze sunnite che hanno ribaltato le sorti del paese. Nella provincia di Latakia, nell’ovest siriano, le rivolte della popolazione, altamente frammentata per religione e posizione politica, hanno messo a dura prova l’ordine pubblico che questo nuovo governo di transizione, guidato dalle stesse forze che han posto fine alla dittatura, si era promesso
di mantenere.

Quattro giorni di rivolte, iniziate giovedì scorso e concluse nella giornata di lunedì 10 marzo, tra gruppi lealisti alawiti che ora possiamo definire “ribelli” e le forze governative hanno lasciato un bilancio disastroso di 973 civili massacrati e circa 300 tra milizie fedeli ad Assad, da dicembre ritirato a Mosca, e corpo armato siriano. Cadaveri nelle strade seguono le stragi di questi giorni, atti di violenza che sembravano essere finiti con il rovescio della dittatura: “State tranquilli, quello che sta accadendo nel paese sono sfide prevedibili. Dobbiamo proteggere l’unità nazionale e la pace civile” dichiara il nuovo presidente Ahmed al Sharaa.

Il 10 marzo, la presidenza siriana ha annunciato di aver siglato un accordo con le Forze Democratiche Siriane, guidate dai curdi, radicati nel nord-est: l’intesa comprende un atto di integrazione di tutte le istituzioni civili e militari curde, come le frontiere e l’aeroporto nello Stato di Siria.

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