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La ritrovata stabilità dell’Iraq sta per essere messa alla prova

Nel mezzo dei combattimenti che continuano ad attanagliare gran parte del Medio Oriente, l’Iraq – Paese che per decenni è stato al centro di conflitti regionali – appare piuttosto stabile. Questa recente stabilità è stata determinata da una confluenza di fattori nata dopo le elezioni del 2021. Il più importante tra questi è sicuramente l’alto prezzo del petrolio, che ha mantenuto ricche le élite politiche e ha dato al governo i mezzi finanziari per investire.

Inoltre, ha svolto un ruolo significativo la centralizzazione del potere da parte del Quadro di Coordinamento Sciita al governo, o SCF, a scapito della regione del Kurdistan e del Fronte Sunnita, temporaneamente unito sotto l’ex Presidente del Parlamento Mohammad al-Halbousi. Oltre a marginalizzare le forze politiche Curde e Sunnite, l’SCF ha fatto in modo che la società civile irachena non potesse più metterlo in difficoltà, come dimostra la repressione delle rivolte di Tishreen dell’ottobre 2019 e dei suoi simpatizzanti. Ha anche mantenuto l’Iraq relativamente isolato dal conflitto regionale all’indomani dell’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023.

Una stabilità precaria

Ma la stabilità dell’Iraq rimane precaria. Con le prossime elezioni, il consolidamento del potere dell’SCF dovrà affrontare una sfida significativa, rivelando se l’Iraq è sulla strada di un sistema politico più centralizzato e stabile o se invece tornerà alla spirale di frammentazione e conflitto che lo hanno caratterizzato negli ultimi decenni, dopo l’invasione degli Stati Uniti. Sostenuto dagli alti prezzi del petrolio, il governo del Primo Ministro Mohammad Shia al-Sudani ha perseguito un’agenda ambiziosa, con l’obbiettivo di sviluppare le infrastrutture critiche, rafforzare i legami con i Paesi vicini e rinegoziare le relazioni con partner internazionali come gli Stati Uniti e le Nazioni Unite.

Baghdad e le altre grandi città sono piene di cantieri riguardanti grandi progetti come infrastrutture critiche, nuovi ponti e l’ambiziosa metropolitana di Baghdad. Più cruciale per la stabilità di oggi, il sistema politico iracheno, che dopo aver resistito a numerosi shock nella sua storia recente, sta ora consolidando e centralizzando il potere a Baghdad sotto l’SCF, che comprende i principali partiti islamici sciiti iracheni, tra cui il Partito islamico Dawa dell’ex Primo Ministro Nouri al- Maliki, così come i leader delle Forze di mobilitazione popolare, o PMF, tra i quali troviamo Qais al-Khazali e Hadi al-Ameri.

Come accennato, nell’ultimo anno il governo centrale ha consolidato la sua autorità sui frammentati blocchi politici Curdi e Sunniti. In effetti, la ritrovata stabilità del Paese si basa sulla recente perizia dell’SCF nel superare abilmente i suoi rivali politici, in particolare il Partito Democratico del Kurdistan, o KDP, e il blocco Sunnita Siyada, entrambi significativamente indeboliti. Gli sforzi spesi nel centralizzare il potere sono stati decisamente sostenuti dalla magistratura. Secondo il Primo Ministro della regione del Kurdistan, Masrour Barzani, il governo regionale del Kurdistan è stato vittima di sentenze ingiuste e politicizzate riguardo la legislazione sull’esportazione di gas e petrolio, nonché di una cattiva gestione economica da parte di Baghdad, che non è riuscita a finanziare le aspettative di bilancio del KRG.

Il KRG

Questi problemi riflettono gli antagonismi tra l’SCF e il KDP di Barzani, dal momento che quest’ultimo si è schierato con Moqtada al-Sadr nel processo di formazione del governo nato dalle elezioni del 2021. Da allora, il KRG ha perso la sua autonomia finanziaria, con Baghdad ora responsabile del pagamento degli stipendi del settore pubblico – una fonte chiave di clientelismo a Arbil (capitale del Kurdistan iracheno) – e pronto a controllare qualsiasi futura ripresa delle esportazioni di petrolio e gas della regione del Kurdistan.

Allo stesso modo, anche i Sunniti hanno sofferto per mano del governo SCF. Lo scorso ottobre, l’SCF ha nominato un nuovo presidente del Parlamento, Mahmoud al-Mashadani, dopo un periodo di quasi un anno di vacanza dell’incarico dovuta all’estromissione di Halbousi, atto in cui l’SCF ha svolto un ruolo fondamentale. Anche diversi alleati di Halbousi sono stati rimossi dal potere nella sua provincia natale di
Anbar, tra cui il governatore Ali Farhan, che è stato destituito nel 2023 accusato di corruzione, in quello che è stato visto da molti come uno sforzo fatto dall’SCF per indebolire il potere di Halbousi nella provincia. A causa delle divisioni interne seguite alla cacciata di Halbousi, i Sunniti non sono stati più
in grado di presentare un fronte unito per sfidare l’SCF. La stabilità politica dell’Iraq non è necessariamente traslata nella diffusa soddisfazione popolare.

Per far fronte alla delusione e impedire a qualsiasi movimento di protesta della base volto a destabilizzare l’opinione pubblica, il governo ha utilizzato un misto di repressione – per mano di esponenti della sicurezza formale e informale – misure ideologiche o religiose e incentivi economici, tutti strumenti applicati negli sforzi di reprimente in movimento Tishrin dell’ottobre 2019.

In pratica questo significa che per gli attivisti politici la vita è diventata sempre più pericolosa, anche se il governo ha adottato una strategia economica populista, aumentando le retribuzioni pubbliche per placare una parte di popolazione sempre più giovane, sempre più in crescita e sempre più arrabbiata.
Inoltre, i Partiti Islamisti Sciiti che compongono la coalizione di governo hanno cercato di ridare lustro alla loro legittimità religiosa in declino, attuando misure come il divieto di alcol e la proibizione di termini come “genere” dal dibattito pubblico.

Il governo sta persino tentando di modificare la legislazione sullo status personale, che potrebbe rendere le bambine di nove anni idonee al matrimonio. Infine, l’SCF, gli Stati Uniti e l’Iran hanno messo in chiaro che l’instabilità regionale nata dopo il 7 ottobre 2023 non doveva estendersi all’Iraq. La maggior parte dei leader del PMF si è limitata ad espressioni retoriche di sostegno ai palestinesi, pur rimanendo cauta nel non mettere a repentaglio il loro consolidamento del potere a Baghdad unendosi al conflitto transnazionale.

L’eccezione

Un’eccezione è Kataeb Hezbollah, che ha inizialmente lanciato attacchi dal territorio iracheno contro le basi statunitensi e Israele, attirandosi ritorsioni non solo dagli Stati Uniti, ma anche dall’SCF e dall’Iran.
La situazione è degenerata al punto che, in seguito all’uccisone di tre militari americani lungo il confine tra Giordania e Siria nel gennaio 2024, Kataeb Hezbollah è stato costretto dall’Iran ad accettare un cessate il fuoco. Da allora, il gruppo non ha rivendicato alcun attacco contro le forze americane, così come
nei confronti degli israeliani.

Di conseguenza, nonostante le crescenti pressioni da parte di Israele per colpire gli alleati dell’Iran all’interno dei confini iracheni, Washington ha tenuto l’Iraq isolato dal conflitto. Da parte sua, se l’Iran si è impegnato a tenere l’Iraq fuori dalla mischia, è perché Baghdad è un’ancora di salvezza economica indispensabile per l’asse della resistenza, che sta affrontando gravi disordini. Tuttavia, la stabilità dell’Iraq rimane precaria per diverse ragioni, non ultima la dipendenza del governo dai prezzi del petrolio, che in questo momento storico sono particolarmente alti e gli permettono di finanziare i suoi programmi economici.

Inoltre, il consolidamento del potere dell’SCF deve affrontare una sfida significativa rappresentata dalle elezioni del prossimo anno che potrebbero sconvolgere lo status di Baghdad. L’attuale stabilità politica dell’Iraq è basata sull’unità dell’SCF contro le minacce esterne come il KDP e i Sunniti e sulla centralità del potere. Ma, l’avvicinarsi delle elezioni ha spostato l’attenzione della coalizione verso l’interno, proprio mentre una serie di scandali legati alla corruzione scuote le fondamenta dell’SCF, portando ad una frammentazione interna che metterà a dura prova la sua coesione nella corsa alle elezioni. Queste elezioni celebreranno anche il ritorno in Parlamento del movimento Sadrista di Moqtada al-Sadr.

Il leader Sciita ha cercato di guidare una coalizione verso il potere già nel 2021, ma successivamente ha ritirato la sua rappresentanza in Parlamento in segno di protesta nei confronti della contrattazione post-elettorale che ha permesso all’SCF di consolidare il suo potere. Sia i Sadristi, che spesso annunciano la loro partecipazione alle elezioni all’ultimo momento, che il KDP sono formidabili macchine elettorali, in grado di assicurarsi i voti necessari per rinegoziare l’equilibrio di potere durante la fase di formazione del governo. Inoltre, quasi un terzo degli iracheni ha un’età inferiore ai 15 anni, presto entreranno nel mondo del lavoro e il sistema deve prepararsi ad accogliere questo afflusso di persone in cerca di lavoro.

Il futuro dell’Iraq


Sebbene il governo Sudani si sia sforzato nel promettere più posti di lavoro possibile ai giovani, questa sfida demografica persisterà, mettendo a dura prova un sistema politico che già fatica ad assecondare le necessità di una popolazione in crescita. L’isolamento del Paese dal conflitto regionale potrebbe essere messo a rischio se Kataeb Hezbollah continuasse a lanciare missili dal territorio iracheno verso Israele o riprendesse a farlo contro le forze statunitensi di stanza in Iraq. Questo potrebbe portare a futuri attacchi, soprattutto in vista di una Amministrazione più aggressiva con l’arrivo del Presidente eletto Donald Trump.

Ricordiamo che in Iraq è stato emesso un mandato di arresto nei confronti di Trump per il suo presunto ruolo nell’assassinio del leader del PMF Abu Mehdi al-Muhandis durante l’operazione che nel 2020 portò all’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani. Se l’Amministrazione Trump dovesse riprendere la sua politica di massima pressione su Teheran e inquadrare il suo modo di approcciarsi all’Iraq attraverso la sua politica nei confronti dell’Iran, le relazioni tra Baghdad e Washington potrebbero risentirne notevolmente. Per tutte queste ragioni, il prossimo anno sarà cruciale per l’Iraq. Il consolidamento del
potere della SCF – rafforzato dalla magistratura – sarà messo alla prova da diversi fattori, tra cui le prossime elezioni, il successivo processo di formazione del governo e il cambio della gestione del potere a Washington. Il modo in cui l’SCF affronterà queste sfide rivelerà se l’Iraq traccerà veramente una nuova
via o tornerà alla frammentazione e alla catena di conflitti.

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