Al secondo piano del museo Reina Sofia di Madrid è esposta “Guernica”, uno dei capolavori di Pablo Picasso. Un dipinto ispirato dalla strage di civili della città basca di Guernica avvenuta il 26 aprile 1937. Un racconto di guerra, capace di ritrarre il lato più tragico della storia. Di quella storia che si ripete e che lo rende attuale.
Per capire l’opera di Picasso è necessario conoscere la storia spagnola di quegli anni difficili.
Prima della guerra civile, la Spagna è in difficoltà. Povertà, arretratezza culturale, privilegi nobiliari ed ecclesiastici sono i principali problemi che alimentano tendenze separatiste. Il re ha abbandonato da tempo la Spagna, i partiti progressisti sono sfaldati, mentre quelli di destra auspicano il ritorno della monarchia. Quando nel 1936 il fronte popolare vince le elezioni, nuove speranze di cambiamento si alimentano nel popolo. Le forze conservatrici, però, appoggiate dall’esercito, organizzano un colpo di Stato, con l’obiettivo di prendersi il paese. Cadono Granada, Cordoba e Siviglia. Resistono Madrid e Barcellona. La guerra civile è ormai viva, come l’energia di uomini, donne e bambini che resistono.
Il generale Francisco Franco, che guida il colpo di Stato, si rende conto di aver sottovalutato la volontà del popolo spagnolo, ma trova appoggio in Mussolini e Hitler. La resistenza spagnola, invece, non trova supporto nei governi democratici. Neanche la mobilitazione internazionale di intellettuali e studenti, che formano le c.d. milizie internazionali, riesce a scongiurare la sconfitta della resistenza, fiaccata dai bombardamenti. Tra questi, spicca per crudeltà quello di Guernica: la sera del 26 aprile 1937, la Luftwaffe tedesca sgancia tonnellate di bombe incendiarie sulla cittadina basca di Guernica. È un atto terroristico vero e proprio, con lo scopo di intimidire la resistenza. È il massacro di duemila civili.
L’episodio ha una vasta risonanza nell’opinione pubblica internazionale. I repubblicani spagnoli lanciano un appello agli intellettuali per trasformare in arte e rendere immortale la memoria di Guernica. Molti rispondono, tra cui Pablo Picasso.
L’opera, che incastra forme espressioniste, cubiste e surrealiste, è immensa, per dimensioni e potenza espressiva. La scelta del monocromo evidenzia il carattere luttuoso dell’opera. In alcune parti della superficie pittorica emergono, come in filigrana, piccoli tratti che ricordano i segni tipografici: perché Picasso non ha vissuto quella tragedia, l’ha appresa dai giornali; e la racconta con la potenza delle immagini, per come l’ha letta.
“Guernica” è uno spazio dominato da figure devastate dai bombardamenti: una madre con un bambino morto in braccio, un toro (simbolo della Spagna) pugnalato, un uomo caduto, un cavallo urlante che somiglia a un asino (per richiamare la natività), una donna con una lampada che cerca di fuggire e un’altra donna che si trascina a fatica, un uomo travolto dalle fiamme.
Un’icona di pace dalla straordinaria forza persuasiva. L’orrore, come tratto distintivo che accomuna le guerre, esplode prepotente dalla tela. Nessuno, neanche l’osservatore più distratto, può impedire di esserne travolto. Basta uno sguardo per sentire su di sé il peso delle scelte umane.
Uno sguardo nella storia che, se reso obbligatorio e universale, produrrebbe un effetto nel mondo, sempre cieco verso il passato. Più che mai in questo periodo storico.