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La chimera: il realismo magico di cui avevamo bisogno

La chimera di Alice Rohrwacher presentato in concorso al Festival di Cannes è un capolavoro!

È il racconto di un viaggio avventuroso e poetico tra natura e umanità, intriso di realismo magico e simbolismo.

Nella Tuscia degli anni Ottanta, Arthur (interpretato da Josh O’Connor) fa da guida a un gruppo di tombaroli che ruba reperti archeologici per rivenderli al mercato nero. La sua abilità risiede nel percepire il vuoto del terreno e quindi nell’individuare la posizione delle tombe. Si guadagnano da vivere così, le antiche rovine sono la loro chimera, ma Arthur in realtà è alla ricerca di qualcosa di estremamente puro.

Assonanze contemporanee

Possiamo notare un parallelismo tra la fotografia di La chimera e le opere di Cagnaccio di San Pietro, esponente del realismo magico. Lo stile pittorico caratterizzato da una visione realistica del mondo ma con un’aggiunta di elementi magici, che spesso confondeva i confini tra fantasia e realtà.

Fortunata e lo specchio, uno dei dipinti di Cagnaccio di San Pietro per l’appunto, sembra prendere vita in Flora. La svagata e regale signora che si prende cura di Arthur, interpretata con spontaneità da una splendida Isabella Rossellini.

Ma i rimandi artistici non si fermano qui, troviamo anche alcuni accenni a Fellini, per via di quell’aspetto visionario dalla forza espressiva e rivoluzionaria.

Il carro carnevalesco e la varietà di personaggi stravaganti ci ricorda Amarcord, sospeso tra sacro e profano; mentre la statua che sorvola il mondo riprende la nota scena iniziale di La dolce vita. Laddove Fellini, in maniera iconografica, dipinge affreschi della vita provinciale nei primi anni ’30 o quella alto-borghese nella Roma degli anni ’60, Rohrwacher raffigura l’esistenza agreste di un paesino immaginario degli anni ’80, abitato, però, da individui realmente tangibili.

La selezione degli interpreti, invece, si rifà al neorealismo tipico di Pasolini, come notiamo nei frame selezionati di La chimera e Accattone.

Gli attori e le attrici si pongono come emanazione dello sguardo di Rohrwacher, la quale attinge un po’ da quel bagaglio pasoliniano di ricerca di persone che contribuiscano ad una più chiara e consapevole ricerca di “quel momento di verità, che può essere […] lampeggiato nello sguardo”.*

*P.P. Pasolini, Il potere e la morte, intervista per la Televisione della Svizzera Italiana, 1975, in Id., Per il cinema, II, a cura di W. Siti, F. Zabagli, Mondadori, 2001, p. 3016.

Il fil rouge dell’amore

Il film modella un registro favolistico, utilizzando il grottesco come sua principale espressione.

Le scene velocizzate omaggiano il cinema muto, mentre la torsione della camera che inquadra il protagonista a testa in giù conferisce movimento oltre che guidarci verso il presagio finale.

La chimera non ha rivali perché è un film libero, al tempo stesso antico e postmoderno, che utilizza il carattere folk per rendere la narrazione autentica.

Flora, Italia, gli amici tombaroli e tutti gli altri personaggi formano una compagnia variegata che attraversa una storia picaresca e celestiale dove il cielo è costantemente sorvolato da uccelli, annunciatori di eventi. Sono stormi e uccelli solitari che vediamo durante tutti il film e nel finale, accompagnati dai versi di Gli uccelli di Battiato.

L’aspetto poetico lo ritroviamo nell’emergere del simbolo: nell’affresco dipinto delle tombe, nelle immagini della natura e degli uccelli, e nel filo rosso che lega il passato al presente.

La chimera, traguardo perennemente sfuggente, ma anche creatura costituita da parti animali diverse, come lo è ogni straniero, racconta una ricerca ostinata di morte, ma anche di vita, di riscatto sociale e di accumulo di ricchezze.

Ma è soprattutto la ricerca dell’amore, quell’agognato filo rosso che porterà Arthur a ritrovare nell’aldilà la sua amata Beniamina. La sua chimera cercata, immaginata ed inseguita.

La traiettoria misteriosa della storia sprofonda prima verso il basso delle tombe etrusche e poi verso l’alto, nel sogno di Beniamina, oltrepassando il grottesco dei corpi e delle maschere, per giungere all’arcano della vita che congiunge i vivi e i morti. Li rende pari e dà alla morte una sua serena bellezza che la vita stessa gli proietta.

Il dono di trovare le cose nascoste

La vita dell’universo risuona ovunque nel film e Alice Rohrwacher assurge a brillante cineasta etrusca. Rohrwacher si è già distinta per la sua sensibilità artistica, come dimostrano le precedenti opere, attraverso cui dà vita a personaggi legati a miti antichi o alle leggende folkloristiche. Dotati di una speciale incorruttibilità d’animo e per cui il legame con l’onirico diviene fondamentale per la crescita personale.

Mostro della mitologia greca ritratto nelle statue dei tombaroli ma anche sogno e poesia, la chimera ci mostra che “là sotto ci sono cose che non sono fatte per gli occhi degli uomini, ma delle anime”.

Questa unità magica dell’esistenza umana ha bisogno di rabdomanti e non di uomini di conoscenza, di chi ha il dono di trovare le cose nascoste. Arthur, infatti, è un archeologo fallito ma resiste all’uso commerciale degli amati reperti e si oppone alla vendita della testa della statua ritrovata nella tomba, gettandola in mare.

Dopo questo episodio il profetico cantastorie ci dice che tutti lo presero per pazzo e poi canta: “Nell’anima del mondo c’è vita morte e amore, molto mistero, e in fondo la gioia e il dolore, e se gli umani stessero come gli uccelli in volo, se brama non avessero che del denaro solo… Mentre si concludeva la grande transazione nello straniero ardeva come una ribellione […]. Quel che gli è balenato è una vita più piena, col cuore alimentato da una più ricca vena”.
È proprio il tratto folk del cantastorie a svelarci il lato simbolico della narrazione.

L’atmosfera della pellicola rimane costantemente sospesa, quasi appesa, come suggerisce il manifesto del film, ispirato all’arcano XII dei tarocchi, l’Appeso. Quest’ultimo rappresenta Arthur, chiamato da tutti “Lo Straniero” come a voler sottolineare la sua natura altra che vede il mondo da un’altra prospettiva.

L’Appeso viene indicato anche come il Traditore, Arthur infatti ha tradito gli amici gettando la testa trafugata della statua in acqua. Ma il suo gesto di ribellione altro non è che la forza rivelatrice della vita che lo spingerà a ricongiungersi con Beniamina, eternamente.

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