Eternit, discariche precarie: il ritardo nello smaltimento e nella bonifica (parte 3)
Oltre al dissesto ambientale e alle gravi emergenze medico-sanitarie, l’Eternit comporta anche difficoltà sul piano economico, quando si tratta di bonificare e smaltire. Proprio per questo motivo, sono molti coloro che scelgono di non censire e denunciare delle zone occupate da Eternit o materiali che contengono percentuali di amianto. Infatti, in Italia, esistono ancora circa 100 milioni di metri quadrati di Eternit da smaltire.
Proprietari di modeste quantità di questo materiale decidono di smaltirle autonomamente, venendo meno a qualsiasi norma di tutela ambientale. Per di più non in tutte le regioni italiane sono presenti discariche, dotate delle adaguate apparecchiature, per accogliere e smistare rifiuti tossici contenenti amianto. I costi per il trasposto in altre regioni o addirittura all’estero comporta delle spese aggiuntive, che limitano ancora di più la volontà del piccolo proprietario di denunciare i propri possedimenti di Eternit. Allo stesso tempo molte aziende sono costrette a spedire questi materiali all’estero, a causa dei costi eccessivi dello smaltimento e delle discariche italiane. Lo smaltimento “fai da te” è un’emergenza che potrebbe presto diventare un vero e proprio disastro ambientale, aggravato dal fatto che ogni metro quadrato di Eternit non smaltito e non bonificato con il tempo si disgrega, aumentando il livello di inquinamento e malattie.
Eternit, normative per la tutela del lavoratore
Sin dai primi anni ’90, in seguito ai primi decessi per mesotelioma pleurico dovuto dall’inalazione di fibre di amianto, è stata varata una serie di leggi e normative atta alla salvaguardia del lavoratore e alla sua messa in sicurezza. Tuttavia, il problema dell’esposizione all’amianto continua a porsi nel contesto di attività quali rimozione, demolizione e manutenzione. Con la legge n. 257 del 27 marzo 1992, è vietata l’attività di estrazione, importazione ed esportazione, produzione e commercializzazione dell’amianto e dei prodotti che lo contengono.
La legge del 27 marzo 2003 protegge i lavoratori dai rischi derivanti dall’esposizione all’amianto durante il lavoro; la normativa del 2008 stabilisce che prima di intraprendere i lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro è obbligato ad adottare ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto d’amianto. Qualora sorgesse la presenza di amianto in un materiale o in una costruzione è necessario valutare il rischio, al fine di stabilire la natura e il grado dell’esposizione e le relative misure preventive e protettive. Sono consentite brevi e sporadiche esposizioni all’amianto: quando il lavoro non viene effettuato su materiali friabili e quando vengono rimossi senza deterioramento i materiali non degradati, in cui le fibre di amianto sono fermamete legate alla matrice. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell’esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall’amianto. La Commissione consultiva permanente stabilisce i livelli che permettono si stabilire cosa sia da intendersi per esposizioni sporadiche e di debole intensità all’amianto, ne stabilisce il valore limite di esposizione, che è fissato a 0,1 fibre al cm cubo di aria, misurato in una media ponderata di 8 ore. Se il valore limite viene superato, il datore di lavoro deve individuare le cause del superamento e risolvere la situazione.
Piani per lo smaltimento di Eternit e amianto
I piani di bonifica e la gestione dei rifiuti hanno messo in evidenza l’elevato rischio ambientale e sanitario correlato alla notevole presenza di amianto sul territorio nazionale. La norma del 8 agosto 1994 obbligava le Regioni e le Province a censire il territorio di loro competenza, per individuare zone con concetrazioni di Eternit, e a presentare un conseguente piano di bonifica e gestione dei rifiuti, in conformità alle leggi sulla tutela ambientale. Il percorso di rimozione dei materiali contenenti amianto consta di molteplici fasi: 1. allestimento del cantiere; 2. decompressione; 3. decontaminazione; 4. smaltimento.
La legge del 1997 stabilisce che sia la Provincia competente ad occuparsi del controllo dello smaltimento, mentre le Regioni devono proporre dei piani di smaltimento regionali. I criteri e i limiti di ammissibilità saranno, invece, stabiliti dagli organismi competenti nazionali e territoriali. Lo smaltimento di Eternit va effettuato solo da aziende certificate. Esistono 3 sistemi per effettuare una bonifica di amianto: rimozione, incapsulamento e confinamento. Inizialmente sono stati prorogati diversi incentivi per favorire la rimozione di coperture di capannoni e tetti di fabbricati in Eternit. Per ammortizzare i costi della rimozione e dello smaltimento, questi incentivi prevedevano la sostituzione delle coperture in Eternit con pannelli fotovoltaici, che nel lungo raggio avrebbero garantito un vantaggio economico. In Italia su 33.610 siti di amianto censiti, solo 800 risultano essere bonificati: il percorso delle bonifiche è un ulteriore dato irrosolto nella storia politica italiana. Basti pensare che la maggior parte delle strutture scolastiche del nostro Paese, sono costruzioni datate, nelle quali è stato impiegato l’Eternit. L’Inail ha calcolato che al 2013, 116 scuole, 37 ospedali e 86 uffici pubblici aspettano ancora di essere bonificati.
Sono state realizzate delle discariche autorizzate per il trattamento, l’imballaggio e la ricopertura dei materiali ma la loro diffusione sul territorio nazionale è ancora molto precaria e non omogenea. La regione che smaltisce la maggior quantità di Eternit è il Piemonte, con una percentuale pari a 39,3, corrispondente a 39 mila tonnellate, mentre al sud vengono smaltite solo 7 tonnellate di rifiuti. In Italia, sono presenti 19 discariche in grado di accogliere amianto ma la gran parte di questi rifiuti viene dirottata in Germania, il motivo è che i prezzi italiani per lo smaltimento sono troppo alti. Le discariche sono così distribuite sul suolo nazionale: 8 al nord, 6 al sud e 5 al centro. Otto regioni non ne posseggono neanche una e non hanno intenzione di costruirla.
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